Mu'ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī fotografato nel settembre 2010.
Quello accanto è uno che farebbe il "Ministro degli Esteri"
per lo stato che occupa la penisola italiana.
Quello accanto è uno che farebbe il "Ministro degli Esteri"
per lo stato che occupa la penisola italiana.
Secondo il nostro estremamente generoso punto di vista, lo stato che occupa la penisola italiana ricorda una volgare spaghetteria di provincia infarcita di cameriere in topless, in cui un "servizio d'ordine" fatto di maneschi buttafuori si impossessa di quando in quando di un commensale scelto a caso e gli spara allegramente in testa dopo averlo spinto in un angolo appartato.
Il politicame peninsulare crede, e vieppiù fa credere, di operare costruttivamente per il mantenimento di questo stato di cose: ha buon gioco, dal momento che i suoi "valori" rappresentano alla perfezione quelli della maggioranza dell'elettorato attivo.
Normalmente in questa sede si evita, per quanto possibile, di commentare vicende in corso. Il rischio di considerazioni avventate, in tempi di saturazione mediatica, è alto. Tuttavia il comportamento di certi garzoni di maccheronificio a fronte degli eventi in Libia, dove si è arrivati al punto di mandare l'aeronautica militare contro le manifestazioni di protesta, è stato talmente rappresentativo dalla categoria che è impossibile esimersi dall'infierire. A fronte di notizie che arrivano facendo pensare ad una vera e propria guerra civile alimentata da una inqualificabile gestione della piazza, questi omùncoli non vanno al di là di qualche tiepido diniego e di qualche repentina presa di distanza. Se la vicenda avesse riguardato altre realtà quotidianamente demonizzate -la Repubblica Islamica dell'Iran su tutte, ma anche la Repubblica di Cuba o la Repubblica Bolivariana del Venezuela- il cicaleccio dei comunicati stampa intonati alla finta indignazione sarebbe stato assordante.
Se un razzo Qassam lanciato da Gaza avesse anche solo rigato il SUV di un qualsiasi colono sionista, quel tizio in secondo piano nella foto avrebbe istantaneamente fatto fuoco e fiamme [1].
Per attirare ulteriore disprezzo verso tanto mediocri mestieranti bastano pochi riferimenti alla cronaca recente.
Settembre 2010. Mu'ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī è in visita di Stato nella penisola italiana, dove fa notizia in modo pressoché esclusivo per i fitti rapporti intrattenuti con stuoli di donne molto giovani.
Qualcuno, anni fa, era andato in qualche spaghettoteca di periferia a picchiare sulla spalla di un certo Franco Frattini: nello stato che occupa la penisola italiana avevano bisogno di uno che si intendesse di maccheroni (e forse di barzellette spinte, già che c'erano) e sapesse in che modo si coprono la canottiera macchiata di pummarola e la catenina d'oro con una giacca e una cravatta, per fargli fare una cosa che chiamano "Ministro degli Esteri".
In occasione della su ricordata visita di stato, questo qui ebbe a garantire quanto segue. Ci scusiamo con i lettori per il vocabolo, ricorrente nel testo, che indica lo stato che occupa la penisola italiana e che siamo purtroppo costretti a riportare perché inserito in una citazione.
La testimonianza di Riccardo Venturi, cui fa capo Ekblòggethi, riporta un episodio minimo e quotidiano che dimostra il pervasivo risultato dei dividendi dell'odio: a squadroni di buoni a nulla è consentito approvare pubblicamente i comportamenti più abietti, senza che nessuno si scomodi neppure a chiederne conto.
Va da sé che l'insediamento di una giunta "occidentalista" non soltanto non vi ha fatto cessare il prodursi di episodi dello stesso genere, ma ha ovviamente peggiorato la situazione, resa "gestibile" solo dalla minor rilevanza mediatica assegnata ai singoli fatti.
Il frequentatore di pranzi ufficiali su ricordato era partito con un certo vantaggio e già qualche mese prima aveva fornito la propria infallibile ricetta. Esiste una pagina su Wikipedia che lo riguarda, e che è interessante perché riesce a costituire il ritratto di un individuo meno che mediocre, pur nella relativa asetticità dei toni enciclopedici.
Dalla lettura veniamo appunto a conoscenza di questo costruttivo episodio.
Come le tolleranze zero e i giri di vite.
Come la disinfestazione all'arrivo ad Auschwitz.
Come le ciarle da ristorante che questa marmaglia ha la faccia di chiamare "rapporti internazionali".
Davanti al montare della repressione, uno che hanno messo a fare il Primo Ministro nello stato che occupa la penisola italiana ha affermato di non voler disturbare Mu'ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī.
"Noi invece vogliamo disturbarlo", avrebbero scritto alcuni cittadini libici su uno striscione posto all'ingresso di un loro consolato.
[1] Ringraziamo il blogger Furio Detti, alias Faustpatrone, per aver fornito lo spunto per questa considerazione.
Il politicame peninsulare crede, e vieppiù fa credere, di operare costruttivamente per il mantenimento di questo stato di cose: ha buon gioco, dal momento che i suoi "valori" rappresentano alla perfezione quelli della maggioranza dell'elettorato attivo.
Normalmente in questa sede si evita, per quanto possibile, di commentare vicende in corso. Il rischio di considerazioni avventate, in tempi di saturazione mediatica, è alto. Tuttavia il comportamento di certi garzoni di maccheronificio a fronte degli eventi in Libia, dove si è arrivati al punto di mandare l'aeronautica militare contro le manifestazioni di protesta, è stato talmente rappresentativo dalla categoria che è impossibile esimersi dall'infierire. A fronte di notizie che arrivano facendo pensare ad una vera e propria guerra civile alimentata da una inqualificabile gestione della piazza, questi omùncoli non vanno al di là di qualche tiepido diniego e di qualche repentina presa di distanza. Se la vicenda avesse riguardato altre realtà quotidianamente demonizzate -la Repubblica Islamica dell'Iran su tutte, ma anche la Repubblica di Cuba o la Repubblica Bolivariana del Venezuela- il cicaleccio dei comunicati stampa intonati alla finta indignazione sarebbe stato assordante.
Se un razzo Qassam lanciato da Gaza avesse anche solo rigato il SUV di un qualsiasi colono sionista, quel tizio in secondo piano nella foto avrebbe istantaneamente fatto fuoco e fiamme [1].
Per attirare ulteriore disprezzo verso tanto mediocri mestieranti bastano pochi riferimenti alla cronaca recente.
Settembre 2010. Mu'ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī è in visita di Stato nella penisola italiana, dove fa notizia in modo pressoché esclusivo per i fitti rapporti intrattenuti con stuoli di donne molto giovani.
Qualcuno, anni fa, era andato in qualche spaghettoteca di periferia a picchiare sulla spalla di un certo Franco Frattini: nello stato che occupa la penisola italiana avevano bisogno di uno che si intendesse di maccheroni (e forse di barzellette spinte, già che c'erano) e sapesse in che modo si coprono la canottiera macchiata di pummarola e la catenina d'oro con una giacca e una cravatta, per fargli fare una cosa che chiamano "Ministro degli Esteri".
In occasione della su ricordata visita di stato, questo qui ebbe a garantire quanto segue. Ci scusiamo con i lettori per il vocabolo, ricorrente nel testo, che indica lo stato che occupa la penisola italiana e che siamo purtroppo costretti a riportare perché inserito in una citazione.
Roma, 2 set [2010, N.d.R.] (Apcom) – I rapporti che l’Italia intrattiene con Muammar Gheddafi “non li ha nessun altro paese” e il leader libico “va in giro per l’Africa a dire che l’Italia è l’unico paese che ha superato il colonialismo”. E’ quanto ha affermato il ministro degli Esteri Franco Frattini in un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano La Stampa. “Sa questo quante porte apre in Africa?” ha chiesto il ministro. Quanto alla frase sull’Islam e l’Europa, il titolare della Farnesina ha precisato: “So dalla figlia di un mio amico fraterno, che per un caso era lì, che Gheddafi ha parlato di Islam che deve diventare europeo e non di Europa da islamizzare”. Per Frattini, in ogni caso, si è trattato di “una battuta, certamente folcloristica e provocatoria”: “io non mi sono impressionato per niente”, ha commentato.La figura di Mu'ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī è fondamentale per la tenuta del castello di menzogne su cui si regge il governo "occidentalista". Approvvigionamento energetico, tresche borsistiche a base di compartecipazioni e soprattutto il lavoro sporchissimo della repressione quotidiana. L'esecutivo "occidentalista" si è insediato grazie al clima di terrore ossessivo con cui la feccia delle gazzette ha impestato, e continua ad impestare, il clima sociale della penisola. Con il raziocinio, il dubbio e la cultura equiparati senza mezzi termini ad insulti e la maggioranza dei sudditi ridotti a coltivare "valori" ed interessi che una scimmia frenastenica reputerebbe disdicevoli, il politicame "occidentalista" ha raccolto i frutti di una paura dell'Altro eretta ad unica lecita interpretazione del reale. Il mostro annidato al di là dei confini andava tenuto a bada con ogni mezzo. E poco importa se questo richiede lo stravolgimento della vita sociale nella Grande Jamahiria Araba di Libia Popolare e Socialista: affari di al-Qadhdhāfī, ci pensi lui a slegare i carri armati dietro ai facinorosi. Se ne viene fuori un carnaio fotogenico lo mandiamo anche in prima serata a sollazzare le risate dell'elettorato, che si goda lo spettacolo col tovagliolo al collo ed il grugno nella ciotola dei maccheroni.
La testimonianza di Riccardo Venturi, cui fa capo Ekblòggethi, riporta un episodio minimo e quotidiano che dimostra il pervasivo risultato dei dividendi dell'odio: a squadroni di buoni a nulla è consentito approvare pubblicamente i comportamenti più abietti, senza che nessuno si scomodi neppure a chiederne conto.
...Qui, quando scoppia una rivolta perché ti tengono a cavare pomodori in condizioni di schiavitù, il paesello piglia i fucili e ti massacra; non importa nemmeno che arrivino gli sbirri, municipali o nazionali che siano. Tornavo in treno da Piacenza, una delle sere della rivolta di Rosarno; davanti a me, nello scompartimento, caso volle che ci fosse proprio una famiglia di rosarnesi. Il figlio grande telefonava a casa per due motivi: il primo, informarsi del risultato del Milan; il secondo, sentire se a casa sua stavano anche loro a sparare a quei negracci di merda. "Mi raccomando, fatene fuori qualcuno!"; e rideva, e chiedeva se aveva segnato Pato o Inzaghi.Si ricorderà anche come il battage mediatico ossessivo, costruito su alcuni episodi di cronaca efferata, abbia praticamente da solo costruito le fortune "occidentaliste" nella città che dovrebbe essere la capitale dello stato che occupa la penisola italiana. Questo minò con una certa gravità le relazioni internazionali con la Repubblica di Romania, ma nei ristoranti frequentati dal politicame si reputò che il gioco valesse ampiamente la candela, costringendo anzi le autorità rumene a concepire una vera e propria controcampagna propagandistica che alleviasse le condizioni di bestiale demonizzazione scagliate dalla marmaglia "occidentalista" su una nazione intera.
Va da sé che l'insediamento di una giunta "occidentalista" non soltanto non vi ha fatto cessare il prodursi di episodi dello stesso genere, ma ha ovviamente peggiorato la situazione, resa "gestibile" solo dalla minor rilevanza mediatica assegnata ai singoli fatti.
Il frequentatore di pranzi ufficiali su ricordato era partito con un certo vantaggio e già qualche mese prima aveva fornito la propria infallibile ricetta. Esiste una pagina su Wikipedia che lo riguarda, e che è interessante perché riesce a costituire il ritratto di un individuo meno che mediocre, pur nella relativa asetticità dei toni enciclopedici.
Dalla lettura veniamo appunto a conoscenza di questo costruttivo episodio.
Nel 2007 Frattini è stato censurato dal Parlamento Europeo per le sue esternazioni contro la libertà di movimento delle persone nella UE. Nell'intervista rilasciata e pubblicata il 2 novembre 2007 Frattini sottolineava che per rispondere al problema sicurezzaSemplice e senza scampo.
«...quello che si deve fare è semplice: si va in un campo nomadi a Roma, ad esempio sulla Cristoforo Colombo, e a chi sta lì si chiede "tu di che vivi?". Se quello risponde "non lo so", lo si prende e lo si rimanda in Romania. Così funziona la direttiva europea: semplice e senza scampo.»
Come le tolleranze zero e i giri di vite.
Come la disinfestazione all'arrivo ad Auschwitz.
Come le ciarle da ristorante che questa marmaglia ha la faccia di chiamare "rapporti internazionali".
Davanti al montare della repressione, uno che hanno messo a fare il Primo Ministro nello stato che occupa la penisola italiana ha affermato di non voler disturbare Mu'ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī.
"Noi invece vogliamo disturbarlo", avrebbero scritto alcuni cittadini libici su uno striscione posto all'ingresso di un loro consolato.
[1] Ringraziamo il blogger Furio Detti, alias Faustpatrone, per aver fornito lo spunto per questa considerazione.