Nel marzo 2011 lo stato che occupa la penisola italiana autocelebra il proprio centocinquantesimo anniversario infilandosi in una guerra. A Firenze, uno scaldapoltrone "occidentalista" si fa notare con i soliti sistemi.

Lo stato che occupa la penisola italiana ha pensato bene di celebrare l'autoreferenziale ricorrenza dei centocinquant'anni dalla propria instaurazione con un'altra guerra.
La guerra è del tipo cui l'"Occidente" è ormai abituato: la scusa umanitaria, il conflitto asimmetrico ed uno o più eserciti "occidentali" nel ruolo dell'aggressore.
La partecipazione al conflitto da parte dello stato che occupa la penisola italiana è avvenuta come sempre in circostanze in cui spiccano propositi ed intenti che ad individui provenienti da contesti normali parrebbero ai limiti del surreale per pochezza, viltà ed abiezione. Siccome quello della penisola italiana non è un contesto normale, nessuna meraviglia che l'elettorato attivo, e quello passivo meno che mai, non abbiano trovato niente da ridire.
Salvo casi particolarissimi.
Uno di questi casi particolarissimi sarà qui esaminato nel dettaglio, perché le sue conseguenze mediatiche, sia pure di poco o punto conto, tornano ancora una volta utili per mettere in luce la pratica politica degli "occidentalisti" fiorentini, che in nessun caso va al di là delle menzogne e della delazione.
Firenze continua ad ospitare estese reti organizzative capaci di orientare costruttivamente un dissenso che in altri contesti si limita alla supina adozione di comportamenti autodistruttivi e vandalistici. In altre parole, il contesto fiorentino è rimasto con tanta ostinazione "a quote più normali", secondo l'indovinata definizione di Franco Battiato, che in esso alligna numeroso ed in ogni genere di ambienti un certo numero di persone per nulla propense a pensare che la lercia autoschedatura di massa rappresentata dal sitarello del signor Zuckerberg o l'adozione di deteriori mode yankee possano costituire a qualsiasi titolo armi di lotta politica più efficaci della testimonianza, della presenza diretta, del lavoro, dello studio e dell'attivismo propriamente detto.
In questa situazione, una pratica politica degna di questo nome prevede che si scenda quantomeno in strada e che si organizzi uno di quei presidi che non "bucano" mai il mainstream perché non vi partecipano giovani donne con pochi vestiti addosso.
In attesa di crepare, la gazzetta intitolata "Il Giornale della Toscana" ci spiega che il diplomato Giovanni Donzelli, attualmente impegnato nello sfibrante "lavoro" di scaldatore di poltrone "occidentalista" in un importante organo elettivo, sarebbe stato accolto a male parole proprio dai partecipanti ad un'iniziativa di questo genere. Secondo questa gazzettina la gendarmeria ha avuto per l'ennesima volta cura di evitare che costui venisse perentoriamente chiamato a rispondere coram populo dei comportamenti e delle dichiarazioni a cui deve per intero la propria "fortuna" politica.
Pretendere un'accoglienza di altro segno sarebbe stato poco realista. Ci faremo un piacere di riassumere brevemente alcuni tra i motivi di questo scarso realismo, proprio partendo dal testo del trafiletto: in via Cittadella gli hanno addirittura trovato un buco nella prima delle paginette del giornalino, che chissà che cosa avrebbero dovuto inventarsi altrimenti per riempirlo in qualche modo.
Riconosciuto il consigliere - che già in passato aveva combattuto battaglie contro l'illegalità nei centri sociali o il consumo di stupefacenti, i manifestanti hanno intonato cori di minaccia...
Il giornalettismo "occidentalista" riesce di solito a riunire in poche righe miserie ed abiezioni della più disparata provenienza. Ed all'abiezione miserabile appartengono proprio le battaglie contro l'illegalità condotte da questo diplomato.
Su una di esse in particolare ci dilungammo a suo tempo, traendone le conclusioni che seguono e che restano validissime a tutt'oggi.
...Uno dei più sbandierati traguardi raggiunti dal suo "impegno" [del diplomato Giovanni Donzelli, N.d.A.] fu, all'inizio del 2007, la blindatura di Piazza Brunelleschi.
In Piazza Brunelleschi si affaccia uno degli ingressi della Facoltà di Lettere. La piazza è una specie di cul de sac in cui per almeno trent'anni consecutivi si è data appuntamento un'umanità variopinta e discutibile quanto si vuole, ma viva.
Dopo anni di bizze e di pestar di piedi da parte di Giovanni Donzelli e dei suoi commensali, lo sgombero di uno spazio bar autogestito e l'installazione di cancellate carcerarie restituirono la piazza a quell'ordine del nulla che piace tanto ai politici, ai parassiti del mercato immobiliare e ai sudditi indottrinati dalla libera informazione "occidentale".
Pochi giorni dopo la riduzione di piazza Brunelleschi ad una specie di cortile da galera, il 23 marzo 2007, un uomo sui trent'anni vi fu trovato morto. Si vada a leggere il comunicato stampa con cui Giovanni Donzelli commentava la questione, ovviamente senza perdere l'occasione per invocare altri giri di vite.
Oltre a far notare la disumanità di fondo che trasuda dallo scritto è bene aggiungere un'ulteriore considerazione. Senza l'intromissione del securitarismo d'accatto, della tolleranzazzèro per i'ddegrado e via ciarlando, quel giorno di marzo la piazza sarebbe stata ancora frequentata. Qualcuno avrebbe potuto accorgersi del malore di quel giovane e forse non gli sarebbe stata riservata la fine solitaria e burocratizzata che attende i drop out della "civiltà" contemporanea.
Ma la lotta a i'ddegrado e per la sihurezza, remunerativa com'è, può ben trascurare dettagli come questo. E per avere la consapevolezza di avere un morto sulla coscienza occorre innanzitutto avere una coscienza.
Su quale sia stato l'esito dell'impegno di questo diplomato sul fronte del consumo di stupefacenti non si hanno dati altrettanto attendibili, ma si sa con certezza che nel giugno 2009 la gendarmeria chiuse quattro locali fiorentini per motivi legati ad esso consumo. In uno di essi la formazione politica "occidentalista" in cui il diplomato è stato eletto aveva organizzato per diverso tempo le proprie festicciole elettorali.
Almeno in un caso, che è quello qui documentato, addirittura "ad invito".
Al momento in cui scriviamo esiste ancora il sito che ne dà notizia, dal momento che a tre anni di distanza dai fatti nessuno si è curato di cancellarne i contenuti, del quale abbiamo preparato anche una screenshot firmata digitalmente.
Non occorre molta esperienza politica per comprendere la portata potenzialmente devastante della vicenda e delle sue implicazioni. Con una certa prontezza il diplomato organizzò a pochi giorni di distanza dai fatti una piazzata davanti ad un negozietto di articoli di canapa. Il proprietario, dopo avergli dapprima fornito una prova di tolleranza ampiamente immeritata, finì col cacciarlo a schiaffi.

Il prosieguo del trafiletto gazzettiero ci informa del fatto che il diplomato avrebbe sorriso davanti all'accoglienza ricevuta, e che davanti ad una simile concezione di pacifismo preferirebbe Gheddafi.
Non sia mai che l'articolo capitasse presto o tardi in mano al suo padrone: in queste cose è bene avere cautela, missili da crociera nonostante.
Noi ci siamo limitati a cogliere l'occasione per ricordare che cosa si nasconda -e si nasconda maldestramente- dietro lo stile interattivo, solitamente improntato ad una sempiterna sufficienza ridanciana, tipico degli "occidentalisti" fiorentini.