A partire dal marzo 2011 arriva la guerra civile nella Repubblica Araba di Siria. I gazzettieri fino a due secondi prima abituati a definire "terrorismo" qualunque cosa non procurasse un reddito alla loro committenza la ribattezzarono "primavera araba"...

I media "occidentali" in genere concordano senza tentennamenti nel mostrare il popolo siriano vittima da mesi e mesi della repressione di Assad, che come tutti sanno si è alzato una mattina e siccome si annoiava ha deciso di dare il via ad una strage, cominciando proprio dalle lesbiche di Damasco.
Più in là non ci vanno. L'unica cosa che si può fare è non leggere e staccare la corrente.
E chi crede che la situazione sia leggermente più complessa, come pensava già quindici anni fa William Dalrymple, se lo tenga per sé, pena il fare da piatto forte agli scoop di domani mattina sull'ennesima retata della gendarmeria a base di terroristislamonanarconazicomunisti.
Rimessi in libertà con tante scuse il giorno dopo, ma questo non lo scrive mai nessuno.
Poi ci sono i blog, come quello di Antonella Appiano, che pare proprio abbia avuto il buon gusto di recarsi almeno sul posto a dare una buona guardata, e dal quale si riporta quanto segue. Compreso il primo commento ricevuto.

19 luglio 2011
Le opposizioni in Siria. Cosa sta accadendo.

Le “correnti” dell’Opposizione in Siria. La Conferenza di Dialogo Nazionale e la Conferenza di Istambul. Per fare un po’ di chiarezza fra Opposizione e Conferenze.

Le “correnti” dell’Opposizione organizzata sono tre. Due in Patria e una all’estero. In patria c’è quella dei dissidenti siriani, composta da circa 200 intellettuali indipendenti, che da marzo, si sono dichiarati disposti a tenere aperto il dialogo con la leadershep di Damasco. Circa 200 personalità e intellettuali fra cui il cristiano Michel Kilo, l’alauita Lu’ay Husayn e l’alauita Aref Dalilah.
Gli ultimi due, nell’aprile scorso, avevano incontrato Butayna Sha’ban, la Consigliera Presidenziale, in merito alla “Conferenza di Dialogo Nazionale” promossa dal governo, una novità da parte della leadership al potere, che, prima di oggi, non ha mai riconosciuto alcuna forma di dissenso. Durante la conferenza, che si è tenuta regolarmente a Damasco, dal 10 al 13 luglio, il governo ha ribadito l’impegno a intraprendere riforme politiche. Sono stati invitati esponenti dell’opposizione e della società civile, intellettuali, artisiti e religiosi. Ma Michel Kilo, Fayez Sara, Lu’ay Husayn e Aref Dalilah non hanno partecipato dichiarando che “le condizione necessarie per un vero dialogo sono la fine della repressione violenta e la liberazione di tutti i prigionieri politici”.
“Il gruppo di Aref Dalilah” ha proposto al governo una soluzione politica in otto punti. La prima richiesta è appunto la fine delle violenze. E anche una conferenza nazionale in cui siano invitati rappresentati di tutti i gruppi, anche chi organizza le proteste della strada. Questa corrente vuole convincere le autorità di Damasco ad accettare i punti del documento programmatico. E, nello stesso tempo, convincere chi manifesta che, se la leadership accetterà, si aprirà una fase nuova. Il gruppo sottolinea anche il pericolo di un cambiamento parziale, di un “regime change” come è avvenuto in Egitto, dove tuttora non si sono ancora svolte libere elezioni.
La seconda corrente in patria è quella dei“Comitati siriani di Coordinamento locale“, Lccs, una specie di piattaforma che, da maggio, ha riunito gli organizzatori delle manifestazioni anti-regime nel Paese. Anche questo“gruppo” ha proposto un programma politico. In sintesi, chiede, attraverso una transizione pacifica, la fine del mandato presidenziale di Bashar Al- Assad e un cambiamento totale del sistema politico. Secondo un organizzatore della capitale è necessario che le autorità “accettino la richiesta altrimenti il Paese rischia lo scoppio di una guerra civile”. Chi dovrebbe guidare la transizione? Nel manifesto dei Comitati di coordinamento locale si legge che il compito spetterebbe “ a un comitato composto da rappresentanti civili e militari, per un per periodo non più lungo di 6 mesi”.
Infine c’è l’opposizione all’estero. Molti dei loro esponenti hanno partecipato alla conferenza di Antalya, in Turchia, che si è tenuta dal 31 maggio al 2 giugno. Fra i promotori, i firmatari dell’”Iniziativa nazionale per il cambiamento”. Un gruppo di cira 150 dissidenti siriani- creato da Radwan Zyaada, un 35enne, che vive negli Stati Uniti da 4 anni, ricercatore alla George Washington University- che esclude ogni possibile trattativa con Bashar-al Assad e ne chiede le dimissioni. Gli oppositori siriani all’estero, circa 300, si sono riuniti di nuovo, sabato 16 luglio in una ”Conferenza di Salvezza Nazionale” ad Istambul , per redigere una road map e creare una “Struttura di coordinamento permanente dell’opposizione”.
La conferenza è stata promossa da personalità indipendenti e partiti politici, fra cui, l’avvocato e dissidente storico Haithem Al Maleh. La Turchia – che ospita anche esponenti dei Fratelli Musulmani in esilio- è stata quindi di nuovo sede di un incontro dell’opposizione siriana. Il cambiamento dell’ atteggiamento del Presidente Erdogan e del suo partito Akp (un partito islamico moderato considerato un modello per una larga fascia dei sunniti siriani e per gli Stati Uniti) nei confronti di Bashar-al-Assad, dopo gli ottimi rapporti degli ultimi anni, secondo alcuni osservatori, è il segnale di una politica espansiva neo-ottomana del governo di Ankara nell’area del Medio Oriente.

Commento di Daisy, 19 luglio ore 20.19. La tv siriana in lingua inglese e francese continua a parlare di gruppi di terroristi che assalgono la popolazione locale e uccidono i militari e non fa che presentare cortei enormi di gente che appoggia il presidente.
la tv italiana non ne accenna nemmeno e appoggia la tesi dei rappresentanti dei diritti civili che continuano ada ffermare che il regime sta reprimendo la popolazione.
E’mai possibile che non si riesca a capire nulla?