Nell'ottobre 2011 il gazzettaio "occidentale", ed in modo particolare quello che ha la penisola italiana come campo di diffusione, è alle prese col sempiterno problema di raccontare fandonie al pubblico, che nelle circostanze attuali serve più che mai ad occultare una situazione economica e sociale in pieno e conclamato disfacimento.
Fare roba del genere lo chiamano "libera informazione".
La "libera informazione", in "Occidente", tiene un inventario periodicamente aggiornato di qualunque situazione e di qualunque contesto sociale non abbiano raggiunto quel grado di mercantilizzazione e di frammentazione che li rendano assimilabili al di là di ogni ragionevole dubbio ai "valori occidentali", e ne sottopone periodicamente gli elementi a campagne denigratrici, indicando al proprio pubblico il nemico del giorno secondo una scala che va dal barbone che usa le strade come strade e le piazze come piazze nel contesto locale, alla media potenza che si postula intenzionata a sviluppare armi nucleari da puntare contro gli alberghi di lusso e le modelle poco vestite di qualche altrettanto postulata "democrazia" nel contesto geopolitico.
La Repubblica Islamica dell'Iran, insopportabile bastone tra le ruote per la libera diffusione della cosmesi, della pornografia, del gioco d'azzardo e di altre abitudini di consumo "occidentalmente" virtuose, è oggetto dacché esiste di un fuoco di fila continuo: in attesa di redimerne coi missili la ostica e riottosa popolazione e l'ancor più ostica e ancor più riottosa classe politica, non esiste alcuna nefandezza che non le venga attribuita. Le gazzette non operano mai la minima verifica, col risultato di dare ogni giorno voce a menzogne inverosimili puntualmente presentate come dati di fatto.
Da questo punto di vista la Repubblica Islamica dell'Iran costituisce un'eccezione perché contrariamente ad altre realtà di qualunque genere e su qualunque scala il bias denigratorio nei suoi confronti non è mai venuto meno. I sudditi, in "occidente", non devono essere neppure sfiorati dalla possibilità di farsi un'idea realistica di cosa essa sia.
I gazzettieri esibiscono ogni giorno vicende in cui non si saprebbe dire dove inizia la cialtroneria e dove finisce la malafede: basta prendere due o tre ingredienti che poi sono sempre i soliti, variare un po' le dosi e il numero di colpi di mestola, ed ecco servito il pastone propagandistico del giorno. Passate per il momento di moda le lapidazioni, anche perché le nazioni prime esportatrici di democrazia hanno mostrato di poter dire la loro perfino in questo campo, restano grosso modo la forca -quella altrui- e il terrorismo.
Cominciamo con la forca. Alla fine di settembre hanno tirato fuori la storiella dell'apostasia per pietire la benevolenza internazionale verso un tale che se fosse stato di Caserta o di Durazzo sarebbe finito a fare da bersaglio per tutti i carnefici da gazzetta in vena di commenti.
E veniamo al terrorismo. Dopo due giorni dal caso su descritto è venuta fuori una ingarbugliata storia di complotti internazionali con protagonisti che definire improbabili è limitativo. Pare ci fosse da ammazzare nientemeno che l'ambasciatore saudita in AmeriKKKa e questo non va bene perché sulle "eliminazioni selettive", con buona pace delle "vittime collaterali", l'esclusiva ce l'hanno i sionisti e gli yankee.
La cosa è durata lo spazio di un mattino: tale era l'implausibilità della cosa che perfino il gazzettame on line più involuto non l'ha tenuta in home page più di qualche ora.
Juan Cole è un professore di storia dell'Università del Michigan autore di alcune pubblicazioni sui rapporti tra "Occidente" e mondo islamico intesi nella loro prospettiva storica. Sul suo blog Informed Comment esprime alcune considerazioni, prima caute e poi assai pesanti, sulla cialtronata antiiraniana del giorno.
Presentiamo la traduzione delle considerazioni caute, espresse per prime, seguita da quelle assai più caustiche pubblicate il giorno successivo.


C'è un cartello iraniano della droga dietro il piano per assassinare l'ambasciatore saudita?
Juan Cole, 12 ottobre 2011

Come hanno precisato molti osservatori, la storia raccontataci dal procuratore generale Eric Holder su un presunto complotto iraniano per assassinare l'ambasciatore saudita a Washington non sta in piedi. L'agente esperto della CIA Bob Baer, adesso in pensione, fa notare che i servizi segreti iraniani agiscono in modo altamente professionale e lavorano per contro proprio o attraverso tramiti di provata affidabilità: condurre operazioni tanto cialtrone semplicemente non fa parte del loro modo di agire.
Gli Stati Uniti vanno sostenendo il coinvolgimento di Gholam Shakuri, noto appartenente alla Brigata Quds (le forze speciali dei Guardiani della Rivoluzione iraniane): si sarebbe avvalso di un agente statunitense di origine iraniana, Manssor Arbabsiar, un rivenditore di auto usate condannato per frode bancaria. Arbabsiar ha depositato centomila dollari su un conto che pensava appartenesse ad un membro della banda di narcotrafficanti messicani chiamata Zeta, come acconto del milione e mezzo di dollari chiesti da alcuni appartenenti ad essa per commettere l'omicidio. Se Arbasiar fosse stato davvero un membro dei servizi segreti iraniani avrebbe senz'altro saputo che i bonifici di importo superiore ai diecimila dollari sono qualcosa che gli Stati Uniti controllano in modo sistematico: si tratta di un provvedimento contro il riciclaggio dei proventi del narcotraffico. L'unico modo sicuro per portare a termine uno scambio di questo genere sarebbe effettuarlo in contanti; nessuno nella Brigata Quds è così scemo da non sapere qualcosa di tanto semplice. La Brigata Quds poi davvero si fiderebbe fino a questo punto da qualcuno già condannato per frode, e per questo noto alle autorità statunitensi? Il terrorismo esperto schiera gente pulita, che può volare più bassa dei radar della polizia e delle forze di sicurezza.
L'articolo di Bloomberg sul San Francisco Chronicle ci fornisce qualche dato plausibile su quello che può essere successo:
"Arbabsiar ha anche rivelato all'informatore che gli stessi mentori iraniani che si trovavano dietro il piano per l'assassinio controllavano anche un traffico di droga, e che potevano fornire tonnellate di oppio, ha detto il funzionario della polizia federale"
In altre parole Shakuri, il superiore di Arbabsiar, può aver messo in piedi un'altra attività ad affiancare il suo lavoro quotidiano nei Guardiani della Rivoluzione, entrando in una banda di trafficanti di oppio e di eroina che porta la roba dall'Afghanistan attraverso l'Iran e da lì verso l'Occidente. Circa la metà di tutto l'oppio e di tutta l'eroina afghani vengono esportati passando dall'Iran.
Se un gruppo criminale iraniano coperto dai Guardiani della Rivoluzione volesse colpire l'ambasciatore saudita, effettivamente troverebbe naturale rivolgersi alla propria controparte messicana, gli Zeta. Invece, se lo stato iraniano volesse assassinare qualcuno agirebbe in modo semplicemente folle se rivelasse queste intenzioni ad un gangster messicano.
Perché poi rifarsela con i sauditi? Una banda iraniana potebbe avere dei problemi con la versione saudita della guerra alla droga. Dopotutto, alcuni suoi appartenenti potrebbero esser stati presi nella rete. O potrebbero anche essere irritati dal fatto che le bande paramilitari sunnite sostenute dai sauditi in Iraq e in Siria si siano impadronite delle vie di traffico, tagliandone fuori gli iraniani.
Non possiamo escludere a priori la possibilità di un piano ordito direttamente dal governo iraniano. Il dittatore cileno Augusto Pinochet dopotutto fece assassinare il dissidente (ed ex ambasciatore) Orlando Letelier a Washington nel 1976.
I rapporti tra Iran e Arabia Saudita si sono inaspriti a causa dei disordini in Siria, con i sauditi che sostengono l'opposizione al governo. In Bahrain i sauditi hanno aiutato la repressione del movimento che voleva maggiori aperture, irritando gli iraniani. I cablogrammi raccolti da Wikileaks hanno mostrato che dietro le quinte i sauditi hanno più volte fatto pressione sugli Stati Uniti perché attaccassero l'Iran. Fra le due potenze regionali c'è qualcosa di simile ad una guerra fredda, e il piano di cui stiamo parlando potrebbe farne parte. Personalmente sono d'accordo con Baer: tutta la faccenda è stata condotta in modo troppo dilettantistico per essere un'iniziativa del governo iraniano.


Confondere le acque sul Maxwell Smart iraniano [*]
Juan Cole, 13 ottobre 2011

Non capisco come i mass media statuitensi possano riferire cose come queste su Manssor Arbabsiar e poi avere la faccia tosta di ripetere che il governo statunitense lo accusa di essere parte di un piano di assassinio concepito ai massimi livelli del governo iraniano.
Ci sono molte possibilità che Arbabsiar sia clinicamente folle, questo pare ovvio.
Ecco le dieci ragioni più importanti per cui non può davvero essere la risposta iraniana a 007.
10. A Corpus Christi, in Texas, Arbabsiar era famoso "perché via di testa in maniera quasi comica".
9. La memoria a breve termine gli funziona male, probabilmente a causa di un'aggressione a coltellate subita nel 1982.
8. Perdeva sempre il telefono cellulare.
7. Metteva sempre le chiavi nel posto sbagliato.
6. Dimenticava sempre la valigetta o le sue carte dentro qualche negozio.
5. "Non sapeva cosa volesse dire avere un minimo di organizzazione", ha fatto notare un suo ex socio in affari.
4. Da comproprietario di una rivendita di auto usate, perdeva sempre i titoli di proprietà delle vetture.
3. Arbabsiar, al contrario di quello che farebbe un musulmano sciita fondamentalista, può esser stato un alcolista; il suo soprannome è Jack a causa della sua passione per lo whisky Jack Daniels.
2. Arbabsiar non soltanto beveva troppo, ma usava droghe e frequentava prostitute. Una volta in un bar prese a parlare ad alta voce dell'idea di tornarsene in Iran, dove poteva avere una ragazza iraniana per una cinquantina di dollari. Si comportava in maniera maleducata ed era stato buttato fuori da alcuni locali.
1. Tutte le attività che ha intrapreso sono fallite una dopo l'altra.

La parabola discendente di Arbabsiar, con la recente perdita del mutuo, il fallimento di tutte le sue attività e l'abbandono da parte della seconda moglie, insieme ai suoi indiscutibili problemi cognitivi mi fanno pensare che stia scivolando verso la follia.
Ieri ho detto che Arbabsiar e suo cugino Gholam Shakuri potevano anche aver fatto parte di una banda di trafficanti iraniani. Ma dopo che sul conto di Arbabsiar sono venute fuori tutte queste cose, devo dire che non lo credo possibile. In conclusione, penso che tutta la storia sia campata in aria.
Che uno svitato di dimensioni colossali come questo Arbabsiar possa aver pensato di essere un agente segreto governativo è del tutto plausibile. Sono sicuro che può essegli venuto in mente ogni genere di cose. Ma che fosse davvero un agente segreto è semplicemente una cosa da non credersi.
D'accordo, Qasim Soleimani, il capo delle Brigate Qods che sono le forze per le operazioni speciali del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione, può non piacere. Ma è un individuo di una tale competenza che il personale statunitense in Iraq è ampiamente propenso a credere che laggiù egli sia riuscito più volte a superarli ed a sconfiggerli.
L'idea che Soleimani si stesse servendo di un ubriacone incompetente senza memoria e senza senso dell'organizzazione come Arbabsiar per una delle missioni terroristiche più pericolose e delicate mai tentate dalla Repubblica Islamica dell'Iran crolla in modo ridicolo.
Inoltre ci sono ottimi motivi per pensare, come Jeffrey Toobin ritiene possibile, che Arbab sia stato incastrato da un corriere della droga a libro paga del governo statunitense, che avrebbe in primo luogo suggerito ad Arbabsiar la maggior parte dei dettagli più importanti. Se davvero Arbabsiar è un soggetto mentalmente disturbato come lo dipinge l'articolo dello Washington Post, può anche esser stato particolarmente suggestionabile e dunque un soggetto pressoché ideale da incastrare.
Qui l'Iran non c'entra niente. Arbabsiar ha spostato i centomila dollari da un paese terzo a quello che pensava fosse il conto di un narcotrafficante messicano. I soldi non sono arrivati direttamente dall'Iran ed anche se così fosse stato non c'è alcuna ragione per pensare che si tratti di fondi statali. Arbabsiar diceva di possedere in Iran beni pari a due milioni di dollari; per quanto ne sappiamo, perso com'era nelle sue fantasie, pouò aver cominciato ad aver voglia di darsi alla pazza gioia con il patrimonio di cui disponeva a Kermanshah.
La denuncia presentata dal Ministero della Giustizia afferma che Abrabsiar si vantava del fatto che suo cugino (Gholam Shakuri) fosse "un generale" in Iran, ma che aveva lavorato in borghese all'estero e che "era stato alla CNN".
Due di queste tre affermazioni sono delle ovvie falsita; perché mai dovremmo credere a qualsiasi altra cosa Arbabsiar abbia detto in merito a suo cugino? In particolare, va notato che è soltanto un'ipotesi del Ministero della Giustizia a sostenere che la descrizione che Arbabsiar fa di suo cugino faccia ritenere Shakuri un appartenente al Corpo del Guardiani della Rivoluzione. Adbabsiar non lo identifica con precisione e si limita a dire che è un generale che viaggia in abiti civili. Questo generale non esiste.
Arbabsiar ha una presa chiaramente labile sulla realtà: chiamare in causa i Guardiani della Rivoluzione sulla base di queste affermazioni vaghe ed assurde non sarebbe affatto saggio.
Che Eric Holder abbia tirato fuori questa boiata, che adesso viene utilizzata per fare politica ai massimi livelli, mi lascia semplicemente esterrefatto. Che un ex corriere della droga messicano pagato dai contribuenti americani possa aver pensato di migliorare la propria carriera baloccandosi con un immigrato iraniano cui manca più di un venerdì non è cosa che possa sorprendere. Che bastasse mettere un minimo di impegno per ficcare in testa ad Arbabsiar qualunque complotto strampalato è altrettanto ovvio. Che qualcuno al Ministero della Giustizia o qualcuno di quelli che determinano la politica estera degli Stati Uniti abbia davvero preso seriamente tutto questo, invece, non è plausibile. Io penso che si siano tutti comportati disonestamente e che stavolta toccherà ad Obama cercare di confondere le acque davanti alla prospettiva di una sconfitta ad opera delle ben curate manine di Romney, l'anno prossimo di questi tempi.


[*] Maxwell Smart è l'imbranato agente segreto protagonista di una serie televisiva yankee trasmessa negli anni Sessanta.