Dal blog di Sherif el Sebaie.
Quando ho letto che la morte di Gheddafi sarebbe, secondo qualcuno, "una vittoria del popolo libico", mi sono messo a ridere di gusto, nonostante la tragica e sconvolgente barbarie con cui il Colonnello è stato liquidato. L'incalzare dei commenti allucinanti e festosi da parte di molti politicanti ha il sapore della beffa, visto che è chiaro anche per un bambino di tre anni che la cattura e la liquidazione di Gheddafi non sarebbe stata possibile senza l'intervento degli aerei francesi.
Anzi, per dirla tutta, gli stessi ribelli o mercenari - divisi, disorganizzati e privi di sostegno popolare, visto che le forze lealiste hanno resistito per mesi - non sarebbero andati molto lontano senza la copertura aerea della Nato sobillata dalla Francia, quella mediatica di Aljazeera eterodiretta dal Qatar (unico paese arabo a contribuire bellicamente) e il sostegno finanziario di tutti coloro che avevano un interesse materiale (o sono stati costretti dagli eventi) a portare a termine un "cambio di regime" in Libia. La disonestà intellettuale insita nel definire questa ennesima aggressione, pianificata a tavolino, una "rivolta popolare" dovrebbe essere evidente, ormai.
Bene ha detto Borghezio (dovrei cominciare a preoccuparmi?): non bisogna confondere il fu Colonnelo "con i nuovi dirigenti libici portati al potere dalle baionette della Nato e dalle multinazionali del petrolio". Ora stiamo a vedere se questi dirigenti saranno in grado di ricostruire (a suon di barili gratuiti) tutto ciò che i "liberatori" hanno distrutto: dal Grande Fiume Fatto dall’Uomo - il reticolato idraulico che raccoglieva l’acqua fossile del sahara in cui il Colonnello aveva investito miliardi di dollari - agli ospedali oppure se proseguiranno con "la caccia al negro" che hanno inaugurato nelle città da loro democraticamente occupate o se si metteranno a liquidarsi tra di loro, come hanno cominciato a fare con Gheddafi ancora in vita.
Non si sono neanche scomodati a fargli un processo farsa. Non hanno neanche avuto la pazienza di aspettare la prossima festa del sacrificio per appenderlo alla forca, come Saddam. No: un colpo alla testa e via col trascinamento e il pestaggio del cadavere, l'esposizione del corpo martoriato ai flash dei fotografi e alle telecamere, i macabri festeggiamenti. Gli egiziani dovrebbero essere davvero fieri, nonostante tutto: almeno Mubarak viene giudicato da giudici egiziani in un'aula di tribunale, come solo un popolo civile sa fare.
Gheddafi ha fatto la stessa fine di Mussolini, osannato per decenni salvo essere giustiziato senza processo e appeso a testa in giù non appena sono sbarcate le forze alleate. Destino beffardo per l'unico presidente arabo che è riuscito a chiedere e ottenere risarcimenti per il periodo colonialista, l'unico a denunciare platealmente (seppur con modo teatrali ed esagerazioni comiche) l'ipocrisia e la falsità di alcuni governi occidentali.
L'unica consolazione è che la sua stessa morte è una prova lampante di ciò che andava denunciando da una vita all'ombra di una tenda beduina.
Piantata, magari, a due passi dall'Eliseo.
Anzi, per dirla tutta, gli stessi ribelli o mercenari - divisi, disorganizzati e privi di sostegno popolare, visto che le forze lealiste hanno resistito per mesi - non sarebbero andati molto lontano senza la copertura aerea della Nato sobillata dalla Francia, quella mediatica di Aljazeera eterodiretta dal Qatar (unico paese arabo a contribuire bellicamente) e il sostegno finanziario di tutti coloro che avevano un interesse materiale (o sono stati costretti dagli eventi) a portare a termine un "cambio di regime" in Libia. La disonestà intellettuale insita nel definire questa ennesima aggressione, pianificata a tavolino, una "rivolta popolare" dovrebbe essere evidente, ormai.
Bene ha detto Borghezio (dovrei cominciare a preoccuparmi?): non bisogna confondere il fu Colonnelo "con i nuovi dirigenti libici portati al potere dalle baionette della Nato e dalle multinazionali del petrolio". Ora stiamo a vedere se questi dirigenti saranno in grado di ricostruire (a suon di barili gratuiti) tutto ciò che i "liberatori" hanno distrutto: dal Grande Fiume Fatto dall’Uomo - il reticolato idraulico che raccoglieva l’acqua fossile del sahara in cui il Colonnello aveva investito miliardi di dollari - agli ospedali oppure se proseguiranno con "la caccia al negro" che hanno inaugurato nelle città da loro democraticamente occupate o se si metteranno a liquidarsi tra di loro, come hanno cominciato a fare con Gheddafi ancora in vita.
Non si sono neanche scomodati a fargli un processo farsa. Non hanno neanche avuto la pazienza di aspettare la prossima festa del sacrificio per appenderlo alla forca, come Saddam. No: un colpo alla testa e via col trascinamento e il pestaggio del cadavere, l'esposizione del corpo martoriato ai flash dei fotografi e alle telecamere, i macabri festeggiamenti. Gli egiziani dovrebbero essere davvero fieri, nonostante tutto: almeno Mubarak viene giudicato da giudici egiziani in un'aula di tribunale, come solo un popolo civile sa fare.
Gheddafi ha fatto la stessa fine di Mussolini, osannato per decenni salvo essere giustiziato senza processo e appeso a testa in giù non appena sono sbarcate le forze alleate. Destino beffardo per l'unico presidente arabo che è riuscito a chiedere e ottenere risarcimenti per il periodo colonialista, l'unico a denunciare platealmente (seppur con modo teatrali ed esagerazioni comiche) l'ipocrisia e la falsità di alcuni governi occidentali.
L'unica consolazione è che la sua stessa morte è una prova lampante di ciò che andava denunciando da una vita all'ombra di una tenda beduina.
Piantata, magari, a due passi dall'Eliseo.
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