I primi segnali, molto confortanti, hanno iniziato a farsi percepibili all'inizio del decennio. Più o meno dal 2010 in poi la linea editoriale e gli agenda setting ferreamente seguiti da tutto il panorama gazzettiero della penisola hanno iniziato a perdere ogni contatto con il mondo reale, portando a risultati che sembravano imprevedibili solo pochi mesi prima.
La perdita di ogni contatto con il mondo reale significa che il pubblico non riconosce alcunché di proprio nell'autoreferenzialità cialtrona, infarcita di sufficienza e di incompetenza, che costituisce da tanti anni l'ossatura della "libera informazione". Né riconosce più dei nemici in quelli che le gazzette additano ogni giorno come tali.
Detto altrimenti, si è rotta l'insihurézza.
Si è rotto anche i'ddegrado.
Si sono rotte le insurrezioni, le rivolte, le esasperazioni, le disperazioni di quelli che il gazzettaio si ostina a chiamare cittadini e che nelle società normali si chiamano -se mai li si ritiene degni di un nome- delatori.
Si è rotto il terrorismo.
Si sono rotti gli incubi e gli allarmi.
Col precipitare della credibilità residua della committenza politica, era ovvio che ci andasse di mezzo anche quella dei valletti, dei camerazzi, e dei lacché deputati a tutelarne gli interessi, e soprattutto che ci andasse di mezzo anche l'ampiamente discutibile modo con cui tutti costoro ottengono di che supplire alle necessità materiali della vita.
Nel maggio 2012 a Firenze cessa le pubblicazioni il "Nuovo Corriere".
Una gazzetta "occidentalista" non può certo contare sulle offerte del pubblico per tenersi in piedi, ed è costretta a pietire la benevolenza dei committenti con buona pace dell'intoccabile dogma liberale che l'"occidentalismo" ha difeso oltre ogni ragionevole limite e secondo il quale si deve vivere del proprio o crepare senza fare storie.
Nel maggio 2012 a Firenze cessa le pubblicazioni il "Nuovo Corriere".
Una gazzetta "occidentalista" non può certo contare sulle offerte del pubblico per tenersi in piedi, ed è costretta a pietire la benevolenza dei committenti con buona pace dell'intoccabile dogma liberale che l'"occidentalismo" ha difeso oltre ogni ragionevole limite e secondo il quale si deve vivere del proprio o crepare senza fare storie.
La preoccupazione di Stefano di Puccio non deve essere servita a gran cosa.
In rete si trova parecchio materiale tratto da questa gazzettina, tra cui i pochi ma eloquenti titoli che qui mostriamo assieme a qualche considerazione.
In rete si trova parecchio materiale tratto da questa gazzettina, tra cui i pochi ma eloquenti titoli che qui mostriamo assieme a qualche considerazione.
Un'occhiata all'articolo fa concludere che un'insurrezione nel paese di Rufina consiste sostanzialmente nel recarsi a teatro. Il che fa pensare che nel paese di Rufina (e secondo le gazzette "occidentaliste") un'immagine come quella qui sotto raffiguri un'insurrezione in pieno svolgimento.
Roma, 2012. Insorti nel teatro Valle.
Il Piccolo Teatro di Rufina è senza dubbio più piccolo e più modesto, ma possiamo pensare che sia comunque in grado di accogliere insurrezioni di sufficiente portata.
Quest'altra immagine, invece, illustra in minima parte e senza considerarne le conseguenze e le implicazioni, il significato che il vocabolo insurrezione ha in contesti normali.