L'eliminazione de "Il Giornale della Toscana" dal mainstream fiorentino segue di pochi mesi quella de "Il Corriere di Firenze", altra autorevolissima e documentata gazzettina.
Due anni fa una gestione finanziaria per lo meno pindarica aveva già tolto di mezzo "IlFirenze" e tutta la e-polis, un'organizzazione tanto votata al professionismo che prima di schiantare aveva reclutato alfieri della civiltà "occidentale" come Aldo Torchiaro.
A questo si deve aggiungere il crollo, se non la cancellazione pura e semplice, di tutte le organizzazioni "occidentaliste" visibili nella politica cittadina. Defezioni, scissioni, litigi, cambi di nome, qualche disavventura giudiziaria prossima al capolinea, la sedicente concorrenza che ruba idee e propaganda a più non posso, e soprattutto l'autentico e sentito disprezzo che il più insignificante degli "occidentalisti" riesce a tirarsi addosso semplicemente uscendo di casa la mattina.
Non gli fracassano neanche più le vetrine delle (poche) sedi.
"Il Giornale della Toscana" chiude? Era ora.

In questi anni non ci siamo certo astenuti dal confutare, irridere, dileggiare e additare al disprezzo delle persone serie un certo miserabile coacervo rumoroso ed invadente di micropolitici e gazzettisti, e lo scambievole aiuto che rappresenta la loro attività quotidiana più rilevante: una compagine di mangiaspaghetti ben vestiti che in piena consapevolezza ha fatto l'impossibile perché i sudditi non trovassero nel mainstream alcun accenno al mondo reale.
La propaganda "occidentalista" nel corso degli anni ha compiuto in questo campo delle vere prodezze imponendo la propria spregevole agenda, allagando il mainstream e costringendo ad inseguire anche gli organi di "informazione" meno putrefatti e degenerati, ammesso che possa esistere un organo di "informazione" cui sia possibile ascrivere qualche connotazione positiva. Alla propaganda governativa hanno mischiato riempitivi fatti di facchini pregiudicati, torme senza fine di femmine discutibili e barzellette umane di ogni livello e di ogni retribuzione. Il professionismo dei propagandisti non ha conosciuto alcun limite arrivando a edurre i sudditi sul colore dei calzini di un personaggio inviso e a fare del linciaggio mediatico una pratica quotidiana arrivata a diventare routine. Nel contesto fiorentino "Il Giornale della Toscana" ha cercato di agire come organo locale del più grande partito "occidentalista" della penisola italiana, cercando di sopravvivere in un contesto in cui la "libera informazione" è da sempre patrimonio di fogliettini dal vasto seguito e dalla indiscussa autorevolezza.
I risultati non sono stati quelli messi in preventivo.
Probabilmente, anche per i motivi che seguono.
Negli ultimi anni l'"occidentalismo" politico e mediatico ha goduto di una posizione da monopolista nel mainstream ed ha soltanto dovuto ammannire a sudditi ormai dotati di competenze ed interessi che farebbero vergognare una scimmia con l'encefalite contenuti come quelli su accennati, che tra l'altro sono di economicissima produzione.
Tutto questo fino all'usura del meccanismo, messo ogni giorno di più alla prova da quel principio di realtà con cui gli "occidentalisti" non hanno alcun rapporto.
Il crollo (pressoché imprevisto) della credibilità "occidentalista" ha aperto crepe sempre più evidenti nell'agenda setting e portato avanti a tutto i limiti di una propaganda che può prosperare soltanto se le è garantito un predominio assoluto, cosa che nella penisola italiana è stata ottenuta anche con il massiccio, sistematico ed abituale ricorso alla distruzione mediatica -e quando possibile giudiziaria- di qualsiasi potenziale avversario.
Il verificarsi di queste condizioni ha conferito toni ridicoli alle produzioni di un "occidentalismo" fiorentino che per uscire dall'angolo avrebbe avuto bisogno di ben altro: le locandine giallastre de "Il Giornale della Toscana" sono diventate rapidamente una specie di faro quotidiano sulla cialtroneria incompetente con cui la sua committenza affronta l'esistenza nella sua interezza. 
Detto con altre parole, pare che questo fogliettino navigasse in pessime acque già da molto tempo: chiunque non fosse stato ottuso da quella malafede e da quel servilismo che portano ad un completo distacco dal reale -e che sono parte dell'essenza stessa del comportamento "occidentalista" in ogni circostanza della vita- avrebbe da tempo auspicato un vigoroso cambio di rotta nella linea editoriale di via Cittadella.
Il funzionamento ordinario della testata, in questa sede, è stato molte volte additato al disprezzo dei lettori.
Allo stesso disprezzo degli stessi lettori sono stati indicati committenza, referenti, pubblico e "valori" in cui "Il Giornale della Toscana" si è fatto portatore; quando è stato possibile, si è provveduto a tanto mantenendo il livello degli scritti su un registro linguistico improntato ad una sorridente e sarcastica sufficienza.
Al momento non sappiamo se nel Mali settentrionale o nel Waziristan sappiano che "Il Giornale della Toscana" ha chiuso, per cui non siamo in grado di riferire se i vertici di Al Qaeda abbiano gioito della cosa così come gioirono -ci assicurarono dalla redazioncina di via Cittadella- dell'alluvione in Garfagnana.
Intanto che Al Qaeda tace, arriva comunque la solidarietà autoreferenziale della politica "occidentalista" e di quei sindacati cui "Il Giornale della Toscana", con la solita coerenza, ha attribuito la causa di ogni male fino a quando gli ha retto la salute. Per esempio, la Federazione Nazionale della Stampa manda a dire che
“I giornalisti e i lavoratori stanno pagando un duro prezzo (con 13 mesi di stipendio non pagati) e ad essi, alla loro professionalità e alla loro abnegazione, va riconosciuto il leale impegno - finché è stato possibile - a non far mancare una voce del pluralismo dell’informazione in Toscana”.
Sulla professionalità che trasudava da quelle pagine ci siamo già spesi sin troppo: lasciamo la parola alla screenshot in alto.
Viene dal Libro dei Ceffi, dove esiste una schedatura a nome Fabio Scaffardi che contiene la definizione di "Giornalista professionista presso Il Giornale della Toscana" e che ha buone probabilità di coincidere con la produzione telematica di un Fabio Scaffardi reale.
Venerdi 19 ottobre 2012 compariva su questa schedatura, accolta dall'approvazione proveniente da altre schedature dello stesso genere, l'asserzione che segue.
L'ultima partita a calcino in redazione a via Cittadella. Cavolo che amarcord!! Tristissimo... ma bello
I lettori usi a frequentare ambienti normali non hanno idea di cosa sia un calcino. Detto molto schematicamente si tratta di un massiccio tavolo da gioco con cui si simulano le pallonate.
Si sarebbe portati a pensare che neppure ad un passo dal disastro in via Cittadella si riuscisse a concepire qualcosa di diverso dalle pallonate, dal pallonaio, dai pallonieri e dal pallone.
Ed è soprattutto il caso di notare quale professionalità e quale abnegazione dovrebbero essere oggetto di tutela sindacale.