"La Repubblica" si picca della propria "professionalità" e della propria "autorevolezza", come tutta la "libera informazione" senza eccezione alcuna. La screenshot qui presentata riproduce la homepage dell'edizione in rete, come appariva il 14 novembre 2012. Maria Vittoria Cozzella assicurava che
La "libera informazione" ha svolto un compito preziosissimo nel rendere incomprensibili gli eventi in corso perché presenta abitualmente come incontestabili decine di grossolane falsificazioni prodotte senza tregua da un “osservatorio siriano per i diritti umani” eloquentemente materializzatosi, come tutto il resto, appena in tempo per assolvere a questa necessità.
Si è arrivati al punto di presentare immagini di elicotteri d’assalto esposti in un museo come se fossero stati consegnati alla guerriglia da piloti disertori, e di gabellare per “abbattuto” un elicottero ripreso in volo, voltando di novanta gradi la telecamera con cui si effettuavano le registrazioni.
Una “libera informazione” che davvero tenesse alla propria credibilità -peraltro difesa con sfrontatezza oltre ogni limite, specie quando c’è da accedere ai fondi per l’editoria- dovrebbe riservare a questioni come una guerra in corso competenze, discrimini, definizioni e weltanschauung differenti da quelle che adopera per quelle femmine con pochi vestiti addosso e per quelle pallonate, per quei palloni e per quei pallonieri che costituiscono i quattro quinti dei contenuti che veicola. L’intero mainstream dà al contrario per scontato che nel “paese” dove mangiano maccheroni e suonano il mandolino non vegetino altro che sfaticati capaci soltanto di indossare canottiere e di visionare videocassette pornografiche, cui è sufficiente passare la versione "occidentalista" di ogni avvenimento senza curarsi del fatto che questo possa provocare crolli di credibilità. I crolli di credibilità in questo settore significano crolli di vendite, e dunque crolli di entrate. Evidentemente, la “crisi dell’editoria” tutt’ora in corso, con la giusta e logica chiusura di un numero crescente di gazzettine ridicole, non sta insegnando nulla a nessuno.
I fogliettisti, e con loro anche molte componenti dell’attivismo politico, stanno cercando con ogni mezzo di far rientrare gli avvenimenti nella cornice interpretativa consueta. I framework interpretativi tipici della “libera informazione” sono pressoché tutti mutuati dalla realtà del pallonaio, metro ultimo di tutto l'esistente. Abbiamo dunque il tiranno Assad da una parte, che si è alzato una mattina e ha deciso di distruggere mezzo paese per vedere come se la cavavano i suoi reparti d’artiglieria pesante, e i poveri cittadini inermi dall’altra, a farsi diligentemente ammazzare in coda per il pane.
L’impressione è che nella Siria di inizio millennio vi fossero tutte le premesse per una guerra civile. Lo storico Dalrymple così descrive in "Dalla montagna sacra" la Repubblica Araba di Siria alla fine del XX secolo.
"Il regime siriano è vicino alla fine". Intervista ad Hanadi Zahlout, attivista per i diritti umani imprigionata per mesi a Damasco. Dopo l'accordo tra le forze di opposizione e l'unificazione del comando dell'esercito libero "Assad non può durare più di due mesi".Sicuramente più vicina agli interessi ed alle competenze dei sudditi Michela Marzano:
"Hanno messo l'antifurto nella bistecca". Parla con lei su rsera. Un altro segno della crisi? Lo scoprite nei supermercati di Reims.I due mesi sono trascorsi. Non sappiamo come sia finita con gli antifurti sulle bistecche, ma sappiamo con buona approssimazione che il governo della Repubblica Araba di Siria è ancora al suo posto e che l'agenzia di stampa siriana alterna articoli sulla guerra civile (derubricata in blocco a "terrorismo") a scene di surreale normalità.
La "libera informazione" ha svolto un compito preziosissimo nel rendere incomprensibili gli eventi in corso perché presenta abitualmente come incontestabili decine di grossolane falsificazioni prodotte senza tregua da un “osservatorio siriano per i diritti umani” eloquentemente materializzatosi, come tutto il resto, appena in tempo per assolvere a questa necessità.
Si è arrivati al punto di presentare immagini di elicotteri d’assalto esposti in un museo come se fossero stati consegnati alla guerriglia da piloti disertori, e di gabellare per “abbattuto” un elicottero ripreso in volo, voltando di novanta gradi la telecamera con cui si effettuavano le registrazioni.
Una “libera informazione” che davvero tenesse alla propria credibilità -peraltro difesa con sfrontatezza oltre ogni limite, specie quando c’è da accedere ai fondi per l’editoria- dovrebbe riservare a questioni come una guerra in corso competenze, discrimini, definizioni e weltanschauung differenti da quelle che adopera per quelle femmine con pochi vestiti addosso e per quelle pallonate, per quei palloni e per quei pallonieri che costituiscono i quattro quinti dei contenuti che veicola. L’intero mainstream dà al contrario per scontato che nel “paese” dove mangiano maccheroni e suonano il mandolino non vegetino altro che sfaticati capaci soltanto di indossare canottiere e di visionare videocassette pornografiche, cui è sufficiente passare la versione "occidentalista" di ogni avvenimento senza curarsi del fatto che questo possa provocare crolli di credibilità. I crolli di credibilità in questo settore significano crolli di vendite, e dunque crolli di entrate. Evidentemente, la “crisi dell’editoria” tutt’ora in corso, con la giusta e logica chiusura di un numero crescente di gazzettine ridicole, non sta insegnando nulla a nessuno.
I fogliettisti, e con loro anche molte componenti dell’attivismo politico, stanno cercando con ogni mezzo di far rientrare gli avvenimenti nella cornice interpretativa consueta. I framework interpretativi tipici della “libera informazione” sono pressoché tutti mutuati dalla realtà del pallonaio, metro ultimo di tutto l'esistente. Abbiamo dunque il tiranno Assad da una parte, che si è alzato una mattina e ha deciso di distruggere mezzo paese per vedere come se la cavavano i suoi reparti d’artiglieria pesante, e i poveri cittadini inermi dall’altra, a farsi diligentemente ammazzare in coda per il pane.
L’impressione è che nella Siria di inizio millennio vi fossero tutte le premesse per una guerra civile. Lo storico Dalrymple così descrive in "Dalla montagna sacra" la Repubblica Araba di Siria alla fine del XX secolo.
Il periodo di incertezza per i Cristiani della Siria si concluse con il colpo di stato di Assad nel 1970. Assad era un alawita, membro di una minoranza musulmana considerata dai Sunniti ortodossi come eretica, e denominata in tono denigratorio Nusayri (o Piccoli Cristiani). Assad si è insediato al potere formando quella che in effetti era una coalizione delle molte minoranze religiose della Siria — Sciiti, Drusi, Yazidi, Cristiani e Alawiti — grazie alla quale fu in grado di controbilanciare il peso della maggioranza sunnita.[...] L’unico problema in tutto ciò, per quanto riguarda i Cristiani, è l’insinuarsi della consapevolezza che quasi sicuramente li aspetta un altro rovesciamento della sorte, forse molto più selvaggio, quando Assad morirà o quando il suo regime dovesse crollare. I Cristiani della Siria hanno osservato con preoccupazione i movimenti islamici che stanno acquistando forza in tutto il Medio Oriente, e i Cristiani più ricchi hanno investito tutto in due passaporti (o almeno così dicono le voci), giusto nel caso che la Siria diventi pericolosa in una qualche fase futura.
"Il fondamentalismo si sta rafforzando tra i Musulmani" disse un uomo d’affari armeno pessimista che incontrai mentre gironzolavo nei bazar di Aleppo. "Basta guardare le ragazze: ora indossano tutte lo hijab: solo cinque anni fa erano tutte scoperte. Dopo la morte di Assad, o le sue dimissioni, nessuno sa quello che accadrà. Finché la bottiglia è chiusa con un tappo saldo, va tutto bene. Ma il tappo finirà per esplodere: e allora nessuno sa cosa ci accadrà."
Nel 2007 il paese era gremito di profughi iracheni: se si tiene presente che il governo Assad teneva sistematicamente i sunniti ai margini della partecipazione al potere e che i sunniti stessi avevano perso in pochi anni molte rappresentanze politiche in un’area compresa tra il Libano e Bassora, si capisce che sarebbe bastato sapere dove mettere le mani per accendere un conflitto. E il fatto che l’esercito siriano -concepito per affrontare quello sionista- non avesse alcuna esperienza di ordine pubblico né gli equipaggiamenti per occuparsene senza fare un macello, ha facilitato di molto le cose. Intanto, le gazzettine continuavano allegramente a ciarlare di “primavera araba”, magari dando voce alle derelitte e conculcate lesbiche di Damasco. Poco c’è mancato che qualche gazzettiere suggerisse di mandare quelle perdigiorno russe o ucraine con l’abitudine di denudarsi in pubblico a fermare i T72 a colpi di technomusic. L'ipotesi è meno peregrina di quello che potrebbe sembrare, se consideriamo il livello delle risorse umane che i partiti "occidentalisti" mettono a disposizione [*] di certa "dissidenza democratica" e che tutte queste competenze e tutta questa preparazione hanno per lo più i corrispettivi gazzettistici che è ragionevole aspettarsi.
E Bashar al Assad ha “le ore contate” ogni giorno.
Da due anni.
E Bashar al Assad ha “le ore contate” ogni giorno.
Da due anni.
[*] Il "dissidente" cubano Oswaldo Payà è morto in un incidente stradale nel luglio del 2012. Alla guida c'era Angel Carromero, un giovane "occidentalista" castigliano.
Condannato a quattro anni, Carromero è stato recentemente estradato dalla Repubblica di Cuba nel Regno di Spagna, che ha immediatamente provveduto a fargli ottenere tutti i benefici di legge possibile, anche perché il Partido Popular aveva mantenuto a Carromero l'inconcludente carica di asesor. Militant Blog ha accolto favorevolmente la notizia e, "da fervente sostenitore del reintegro e del recupero sociale" ha proposto il suo ritorno nella Repubblica di Cuba, dove Angel Carromero potrebbe costruttivamente operare... come autista per Yoani Sanchez.
Condannato a quattro anni, Carromero è stato recentemente estradato dalla Repubblica di Cuba nel Regno di Spagna, che ha immediatamente provveduto a fargli ottenere tutti i benefici di legge possibile, anche perché il Partido Popular aveva mantenuto a Carromero l'inconcludente carica di asesor. Militant Blog ha accolto favorevolmente la notizia e, "da fervente sostenitore del reintegro e del recupero sociale" ha proposto il suo ritorno nella Repubblica di Cuba, dove Angel Carromero potrebbe costruttivamente operare... come autista per Yoani Sanchez.