Dopo l'implosione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia i mass media dello stato che occupa la penisola italiana e i politici "occidentalisti" che ne monopolizzano i servigi hanno iniziato con sempre maggiore perentorietà ad imporre al pubblico (e soprattutto all'elettorato) una vulgata vittimista sugli avvenimenti che hanno accompagnato e seguito la seconda guerra mondiale sul confine orientale.
A trent'anni di distanza il messaggio è ormai consolidato e privo di contraddittorio al punto che i luoghi assurti a simbolo di un genocidio tanto postulato quanto mai avvenuto sono meta di visite di stato, verbose richieste di scuse povere di appigli e contrite celebrazioni irte di piagnistei.
Nel 1997 la situazione non era certo questa, e con qualche semplice ricerca d'archivio Claudia Cernigoi poteva tranquillamente confutare -se non deridere- molta della piagniucolosa propaganda che di lì a poco avrebbe coinciso col mainstream. "Operazione foibe a Trieste" resta a tutt'oggi una lettura interessante perché non ci risulta che nessuno ne abbia messo in discussione la sostanza e tantomeno il metodo, laddove la controparte presenta invariabilmente i toni inconfondibili della propaganda "occidentalista", improntati a tutt'altri criteri. La prefazione di Alessandro "Sandi" Volk identifica i principali pregi dello scritto nell'aver affrontato la questione di chi e quanti fossero gli infoibati nella zona di Trst e nella ricostruzione, breve ma esaustiva, della storia dell’utilizzo propagandistico delle foibe.
Scopo del volume, afferma la Cernigoi nell'introduzione, altro non è che quello di fornire dei dati di fatto sui quali non vi sia possibilità di intervenire polemicamente dal momento che si tratta di fatti dimostrati; questo, per definire le vere dimensioni di quello che viene spacciato come "genocidio di migliaia di infoibati" colpevoli solo di avere una determinata nazionalità. E fin da questa introduzione vengono contestati nel merito i martirologi di Gianni Bartoli (4122 "scomparsi" che le stesse note biografiche accluse dall'autore escludono essere finiti in qualche foiba), di Luigi Papo, che nei 20712 nomi elencati (fra Trst, Gorica, Istra, Dalmacija e "terre irredente" sperse per mezzo Mediterraneo) include anche vittime della guerra in Somalia nel 1993(!), e soprattutto di Marco Pirina, il cui "Genocidio..." ha il dubbio onore di costituire materia di indagine per l'intero volume, al punto che una sua anticipazione costrinse Pirina a ritirarlo dal commercio per correggerne "gli errori" senza che questo gli evitasse nel 2010 una condanna per diffamazione
Il primo capitolo esordisce statuendo che "A Trst la storia non comincia con il 1 maggio 1945". Tanto basta per richiamare una realtà su cui la propaganda "occidentalista" sorvola con una certa cura. Nella Primorska e in Istra la snazionalizzazione forzata degli sloveni e dei croati iniziò nel 1918 e proseguì a ritmo sostenuto negli anni successivi, di pari passo con l'affermarsi della violenza fascista. Dopo l'aggressione al Regno di Jugoslavia nel 1941, gli stessi criteri guidarono l'amministrazione della neocostituita provincia di Ljublijana, con l'eliminazione fisica -stando alle cifre fornite da Berlino nei giorni stessi delle operazioni- di migliaia di combattenti irregolari; dopo la costituzione dello Adriatische Kustenland entrarono in funzione anche i crematori di San Sabba. Nel testo del primo capitolo Cernigoi esamina le istituzioni dell'Ispettorato generale di Pubblica Sicurezza, della Polizia Annonaria, della Guardia Civica, della Milizia di Difesa Territoriale, della Decima Mas, della Guardia di Finanza e infine del Corpo di Liberazione Nazionale e del Corpo Volontari della Libertà. La rassegna è importante, nell'economia del libro, perché i cenni biografici reperibili in merito a molti degli iscritti ai martirologi su accennati permettono di ascriverli all'una o all'altra organizzazione. Organizzazioni su cui vengono presentate pagine e pagine di episodi deteriori e sanguinari al punto che il collaborazionismo triestino avrebbe disgustato per portata e metodi le stesse Schutzstaffel. Già questo confuterebbe la pretesa casualità del postulato accanimento "slavocomunista".
Il secondo capitolo espone le fonti e metodi di indagine utilizzati nel testo. L'esistenza di varie raccolte di nominativi pubblicate nel corso degli anni per vari motivi ha reso possibile una lunga e accurata serie di controlli incrociati. Limitando l'indagine alla provincia di Trst e depennando rimpatriati, nomi duplicati e morti per altri cause, i martiri del genocidio perpetrato dalla metafisica ferocia slavocomunista indicati da Pirina passano da 1458 a 517, 412 dei quali appartenevano a qualcuna delle organizzazioni su nominate. L'A. elenca in modo particolareggiato tutti i nominativi considerati, al punto che la lista dei nomi costituisce la parte più corposa del libro, sottolinea che le vittime finite nelle foibe non superano la quarantina per tutta la provincia e accenna a un numero doppio di processi intentato contro "infoibatori" o presunti tali.
Il terzo capitolo affronta nello specifico la questione delle foibe istriane e triestine. Il fatto che in Istra i libri di testo per gli scolari contentessero nel 1925 versi come "Fioi mii, chi che ofende / Pisin, la pagherà: / In fondo alla Foiba / Finir el dovarà" permette a chiunque non sia accecato da una malafede più o meno retribuita a non ascrivere allo slavocomunismo l'esclusiva di un certo utilizzo delle cavità carsiche. L'Istra del dopo 8 settembre 1943 fu scenario di una jacquerie di cui -riporta l'A.- fecero le spese 204 vittime infoibate, metà delle quali identificate; riconquistata la zona la propaganda tedesca diede la massima visibilità all'accaduto, producendo cronache e immagini a tutt'oggi alla base delle produzioni propagandistiche. Per le quarantadue vittime estratte dalle foibe triestine, Claudia Cernigoi indica nome, cognome e circostanze della morte, con una certa attenzione per la vicenda della "foiba Plutone" e della "banda Steffé", arrestata dalle autorità jugoslave e sul cui operato l'A. avanza pesanti e giustificabili dubbi. Il libro tratta anche della foiba Bršljanovca in località Opčine, paradossalmente l'unica in cui si sa, con certezza, che sono finiti centinaia di cadaveri... di soldati tedeschi, uccisi negli ultimi scontri in zona. Un paragrafo a parte è dedicato al Šoht, la foiba di Bazovica, agli 8 (otto) cadaveri recuperati a guerra finita dagli statunitensi e ai nulli riscontri reperitivi per quanto affermato dalle gazzette dell'epoca. Interessante il fatto che il citato Gianni Bartoli, sindaco a Trst dopo il 1954 e citato compilatore di martirologi, non pare abbia trovato nulla di strano nel deliberare sulla destinazione d'uso dello Šoht. La Cernigoi avanza il dubbio che in assenza di ulteriori indagini in situ c'è il rischio concreto che scolaresche e personalità si rechino ogni anno ad omaggiare una discarica.

Claudia Cernigoi, Operazione foibe a Trieste. Come si crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo. Kappa Vu ed, Udine 1997. 106 pp.