Lo instant book di Benjamin Abelow è uscito alla fine del 2022 e come sottotitolo originale riporta "Capire in che modo la politica degli USA e della Nato ha portato alla crisi, alla guerra e al rischio di una catastrofe nucleare". Luciano Canfora ha curato la prefazione dell'edizione tradotta; in essa sottolinea come un impulso a stravincere sia stato spesso nella storia il detonatore di nuove guerre e riassume brevemente le vicende che hanno portato alla situazione attuale iniziando da considerare come l'allargamento della NATO ad est dopo il 1990 altro non sia stato che un caso particolare di questa tendenza. L'Ucraina era l'ultimo pezzo rimasto per completare l'isolamento di Russia e Bielorussia. Dopo il colpo di stato del 2014 i russi cercarono di cautelarsi con gli accordi di Minsk, pretendendo (stavolta per iscritto, visto che la tacita assicurazione che la NATO non aveva ambizioni espansionistiche di cui si erano accontentati all'inizio degli anni Novanta non aveva propriamente portato ai risultati sperati) l'autogoverno per le regioni russofone. Secondo Canfora la NATO avrebbe teso ai russi una trappola perfetta, fornendo alla propaganda "occidentalista" un aggressore ai limiti dell'archetipico, alla politica l'avallo per una guerra combattuta con il sangue altrui, e all'Ucraina la promessa di rapide e fantasmagoriche ricostruzioni "dopo la vittoria". Il gazzettificio "occidentalista" da più di vent'anni ha reso abituale la già diffusissima prassi di zittire -accusandolo di ogni nefandezza possibile- chiunque osi dubitare delle sue istanze; il protrarsi delle operazioni e i clamorosi fiaschi militari subiti dai russi hanno dato fiato anche una mai sopita corrente di opinione che auspica la sconfitta totale della Russia con la disintegrazione del paese.
Nella prefazione, Abelow osserva che il progressivo dislocamento di forze militari in direzione dei confini russi sia stato portato a compimento senza fare troppa attenzione, e a volte ostentando noncuranza, verso il modo in cui i leader russi avrebbero potuto percepire iniziative del genere. Se i russi avessero preso inziative analoghe schierando proprie forze in Messico, gli USA avrebbero senz'altro mosso guerra parlando di sconfinamento militare; la dottrina Monroe è la stessa da duecento anni. Abelow osserva che da questo punto di vista l’invasione russa dell’Ucraina non è certo frutto di mire espansionistiche di qualche personalità malvagia; appare invece come una reazione violenta all'espansionismo altrui. Il modo in cui la narrazione orienta la guerra è l'argomento trattato dall'introduzione. Nel corso dei mesi il coinvolgimento degli USA è stato prima presentato come iniziativa umanitaria in soccorso dell'Ucraina aggredita e poi come azione volta a indebolire la russia al punto da impedirle di prendere iniziative per un indefinito futuro senza che i più notassero l'incompatibilità dei due obiettivi, dato che il secondo richiede di combattere "fino all'ultimo ucraino", come notato dall'ex vicesegretario alla Difesa statunitense Chas Freeman. Sarebbe quindi stata l'intelligence statunitense in nome del secondo obiettivo di cui sopra ad autorizzare l'eliminazione di una decina di generali russi in Ucraina e l’affondamento del Moskva. Questo cambiamento ha portato i russi a innalzare il livello di allerta delle loro forze nucleari e gli USA a fare altrettanto; nel 2023 entrambe le potenze sono vicine a uno stato di allerta immediata, il che aumenta la possibilità che un incidente, un errore di calcolo o qualsiasi altra cosa portino a uno scontro nucleare. Secondo fonti statunitensi la Russia ricorrerebbe ad armi nucleari tattiche se percepisse qualche minaccia esistenziale, e non è affatto detto che il rovesciamento della sua leadership si concluderebbe con l'insediamento di personalità più accomodanti. Eppure la sconfitta totale della Russia è proprio l'obiettivo della nuova politica statunitense. Abelow sostiene che la propaganda "occidentalista" e la sua narrazione -inutile annoiare i lettori scendendo nei dettagli, è sufficiente qualsiasi apparecchio televisivo o qualsiasi gazzettina per averne piena contezza- siano errate. E che sia corretto invece identificare le cause sottese della guerra nella trentennale storia di provocazioni occidentali che hanno messo la Russia in una situazione insostenibile. Tra le provocazioni l'A. non indica solo l'espansione della NATO, ma il ritiro unilaterale dal trattato sui missili antibalistici e sulle forze nucleari a raggio intermedio, l'istigazione del colpo di stato in Ucraina e le esercitazioni militari a ridosso dei confini russi.
Il primo capitolo ripercorre la storia dell'allargamento della NATO. Nessun trattato ufficiale conteneva promesse contrarie, ma le (inizialmente flebili) lamentele prima sovietiche e poi russe sull'inganno subito si fondavano su memorandum sottoscritti ai massimi livelli. Questo modo di agire, ricorda Abelow, ha avallato per trent'anni la convinzione russa che la parola degli "occidentali" non abbia alcun valore. Dal 2008 la NATO ha cercato scopertamente di estendersi alla Georgia e all'Ucraina, e altrettanto scopertamente la Russia ha considerato l'iniziativa al di là del tollerabile, reagendo nell'immediato con l'invasione della Georgia dopo che essa aveva attaccato il territorio ribelle e filorusso dell'Ossezia meridionale. A prescindere dalle proteste di Maidan nel 2014 culminate nel rovesciamento dell'esecutivo, l'A. ricorda che gli USA dal 1991 hanno destinato cinque miliardi di dollari a iniziative "filodemocratiche" in Ucraina e nel 2014 complottato platealmente per insediare un esecutivo antirusso. D'impeto, e per conservare la base di Sebastopoli per cui avevano negoziato, i russi invasero la Crimea. Il gesto fu ovviamente presentato in "Occidente" come esempio di revanscismo.
Il secondo capitolo illustra come le provocazioni "occidentali" siano continuate fino al 2022. Al massiccio riarmamento dell'Ucraina si sono accompagnate esercitazioni a fuoco vivo a ridosso dei confini russi e l'abbandono dei trattati con l'impianto di basi missilistiche in Romania e in Polonia utilizzabili per colpire il territorio russo. La propaganda le vorrebbe a guardia della NATO contro ordigni in arrivo dalla Corea del Nord o dalla Repubblica Islamica dell'Iran, pretesa lievemente dissonante col fatto che la potenzialità offensiva dei sistemi è dichiarata sulle brochure della ditta produttrice. In altre parole, l'"Occidente" pretende da sempre che la Russia metta a rischio la propria sicurezza sulla base delle intenzioni dichiarate di un potenziale nemico piuttosto che considerando la capacità offensiva e il posizionamento degli armamenti. Abelow rimarca che in questo stato di cose alla fine del 2021 il ministro degli esteri russo Lavrov affermava che il "punto di ebollizione" era stato raggiunto. Le richieste russe di garanzie scritte sulla neutralità ucraina e sul ritiro degli apparati missilistici collocati ai confini sarebbero cadute nel vuoto un mese prima dell'invasione. Il terzo capitolo invita il lettore a mettersi nei panni dell'altro e inizia con uno degli interrogativi che più urtano il suscettibile gazzettificio "occidentale", ovvero quale sarebbe la reazione statunitense al solo prospettarsi, da parte di Federazione Russa o Repubblica Popolare Cinese, di iniziative analoghe a quelle che gli USA hanno portato avanti negli ultimi tre decenni. Da due secoli la dottrina Monroe fa sì che gli USA proibiscano in sostanza a paesi potenzialmente minacciosi di dispiegare forze militari nel loro emisfero e diano quindi molta importanza alla prossimità geografica degli schieramenti a prescindere dalle intenzioni dichiarate. Quando si tratta di rapportarsi con la Russia, gli USA e i loro alleati agiscono con allegra noncuranza nei confronti di questi stessi principi. Abelow ricorda come la crisi dei missili a Cuba non si sia conclusa con una vittoria statunitense frutto di una prova di forza, ma con lo smantellamento dei rispettivi arsenali a Cuba e in Turchia.
L'A. passa ad affrontare la questione del timore russo di un primo attacco statunitense. Nel 2019 con presidente Trump gli USA si sono ritirati dal trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio che avevano sottoscritto nel 1987, dando alla Russia fondati motivi per temere che i nuovi missili statunitensi posizionati vicino ai suoi confini aumentassero la possibilità di un primo attacco contro i sistemi di comando e di controllo russi. Le proposte russe di un ripristino del trattato o di una sua riformulazione non sono state tenute in alcun conto e gli USA hanno proceduto come se l'iniziativa avvenisse in un vuoto strategico. Nel settembre 2021 Vladimir Putin considerava: "stiamo posizionando i nostri razzi vicino ai confini statunitensi? No, non lo stiamo facendo. Sono gli Stati Uniti che con i loro razzi arrivano alle nostre porte". Secondo l'A. è possibile che l'attacco contro l'Ucraina sia stato dovuto ad almeno tre motivi: il perdurare dell'integrazione militare ucraina nel campo della NATO avvenuta passando dalle iniziative di singoli stati, la minaccia costante di una adesione dell'Ucraina alla NATO a tutti gli effetti e il timore di nuovi dispiegamenti di missili a raggio intermedio.
Il quinto capitolo tratta specificamente dell'allarme degli esperti di politica estera sull'espansione della NATO, esemplificato dalle dichiarazioni rilasciate nel 1997 da un all'epoca novantaquattrenne George Kennan: "...i russi reagiranno gradualmente e in maniera negativa e ciò influenzerà le loro scelte politiche. Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per farlo. Nessuno stava minacciando nessuno. Questa espansione farebbe rivoltare nella tomba i padri fondatori". E ancora: "Ma davvero non lo capiamo? Le nostre divergenze durante la guerra fredda erano con il regime comunista sovietico. E adesso stiamo voltando le spalle proprio alle persone che hanno organizzato la più grande rivoluzione incruenta della storia per rimuovere quel regime". Un allarme condiviso nel corso degli anni da personalità competenti e tutt'altro che condiscendenti nei confronti della Russia, al punto che l'A. può concluderne come già nel 2007 gli USA e particolarmente i settori più intransigenti della loro classe politica fossero consapevoli che la politica della "porta aperta" nella NATO verso Ucraina e Georgia avrebbe comportato il rischio di violente ritorsioni russe. Persino chi incarica la propaganda di ascrivere "l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin a una folle e immotivata spinta hitleriana all’espansionismo territoriale" ammette tranquillamente che l'espansione della NATO è il principale fattore scatenante di una reazione del genere. Il che rende ancora più grave la aperta professione di malafede.
Una malafede alla base del fatto che i decisori politici russofobi insistono negli errori del passato, come discusso nel capitolo 6. Secondo Abelow Kennan aveva ragione tanto quando prevedeva la reazione russa all'espansione della NATO che quando prevedeva la risposta autoreferenziale e autoassolutoria dei politici "occidentali". La "libera informazione" non mostra molte tracce di queste preoccupazioni e asseconda invece chi mostra di non considerarle neppure, ferma restando la prassi di denigrare chi non si adegua con la prontezza desiderabile alla stessa linea di pensiero.
Il settimo capitolo approfondice il tema della versione propagandistica degli avvenimenti, in cui gli USA e l'Europa sono chiamati a contrastare con il loro comportamento irreprensibile e altruista "una Russia malvagia, irrazionale, intrinsecamente espansionista e con un leader paranoico al comando". Abelow afferma che confutare questa falsa narrazione è lo scopo del suo libro; le false narrazioni portano a esiti molto negativi perché le narrazioni sono dei modelli della realtà che servono da guida per l'azione, e le narrazioni false possono finire col generare quegli stessi risultati che esse presumono già in atto. Nel caso concreto, dopo il 1990 si è giustificata la NATO con la necessità di gestire le minacce alla sicurezza provocate dal suo stesso ampliamento. Con la Russia, riassume Abelow, la NATO avrebbe seguito l'equivalente nelle relazioni internazionali di un comportamento di gaslighting in cui si reiterano azioni minacciose ascrivendo le reazioni della vittima a suoi disturbi comportamentali. Una linea che avrebbe inciso non solo sulla politica estera russa, ma anche su quella interna dal momento che anche le organizzazioni più democratiche a fronte di un pericolo percepito possono tendere all'autoritarismo.
Nel capitolo conclusivo l'A. elenca una serie di tragedie epocali di cui è secondo ogni logica possibile imputare Vladimir Putin in persona. Per lo meno stando alla "libera informazione". Se si considerano i fatti che sulla "libera informazione" non trovano posto, si giunge ovviamente a conclusioni opposte e per lo meno a ripartire le responsabilità tra una pluralità di attori. Pur avendo vinto le elezioni con amplissimo suffragio e con un programma improntato alla ricerca della pace e di un modus vivendi col vicino russo, il presidente ucraino Zelensky non avrebbe ricevuto alcun aiuto sostanziale per perseguire questi obiettivi. In "Occidente" la libertà ucraina è stata declinata solo come diritto di aderire alla NATO e di diventare un avamposto statunitense al confine russo. Un avamposto, secondo Abelow, irrilevante dal punto di vista statunitense. E vitale invece per la Russia.

 


Benjamin Abelow, Come l'Occidente ha provocato la guerra in Ucraina. Fazi Editore, Roma 2023. 108 pp.