Al di là di qualche vignetta con relative considerazioni in questa sede le produzioni satiriche non trovano molto spazio. Nel giugno 2023 invece portiamo all'attenzione di chi legge un libello vecchio di quasi trent'anni, per ragioni che appariranno chiare tra poche righe.
Nel 1994 tale Max Parisi si divertì a presentarsi come "circaproduttore" televisivo al lavoro in una enorme impresa mediatica con sede nello stato che occupa la penisola italiana, e pubblicò per Kaos Edizioni questo Malafede - Cronache satiriche del meglio dell'Emiglio per descrivere un ambiente che lo aveva profondamente disgustato e le principali figure (e figuri) che indicava come responsabili della situazione.
Dietro la Fantinvest con i suoi Studio Scoperto, tg44 e tg55, dietro il protagonista Emiglio MalaFede, il padrone Merluzzoni, il Nano Mentino, Straccio Liquori, Tatiana Paiolo, Bracchetta Monatti e tanti altri personaggi è impossibile non identificare strepitose affinità con un ambiente mediatico e politico notissimo e oltremodo potente, che proprio il 15 giugno 2023 ha sepolto con il fondatore una parte sostanziale della propria storia. Nel 1994 la situazione era piuttosto diversa da molti punti di vista, e l'A. poteva mettere a mo' di dedica la considerazione che è "troppo facile sparare alle belve ferite. Bisogna affrontarle quando sono in forma, belle forti e coi denti luccicanti".
Parisi afferma di dedicare all'Emiglio un "immondo libercolo". Libercolo perché dedicare "un libro" a un elemento del genere sarebbe troppo, immondo perché "se non è immondo non lo può riguardare". In un centinaio di pagine densissime di invettive, sarcasmi e prese in giro Parisi ripercorre per sommi capi vari aspetti della storia della Fantinvest -detta anche il Serpentone- e dell'approdo alla politica attiva del suo fondatore Merluzzoni visti dalle redazioni dei tre telegazzettini su ricordati, praticamente fondati apposta per creare il clima mediatico più opportuno: "la Fantinvest grazie all'Emiglio, grazie allo Straccio Liquori, grazie al Nano Mentino, vende politica: vende menzogne, vende mistificazione, vende la volontà del Potere padronale variamente impacchettata" a prezzi non sempre di tornaconto visto che sullo Studio Scoperto diretto da Straccio Liquori si sarebbe dovuto stendere "dati alla mano, un pietoso sacco della spazzatura". "Mediocre anche come servo", Straccio deve vedersela con la concorrenza di un Emiglio che ha "il mestiere, il carisma del cane di razza, la cotenna del combattente e la lingua pronta e vellutata" e con un Nano Mentino che non si presenta proprio come un servo "ma come un più decoroso valletto" che al tg55 cerca di dimostrare di non essere "un servo del Padrone ma al massimo un suo fiduciario". Emiglio Malafede viene descritto nel suo curriculum vitae di giocatore d'azzardo, biscazziere, frequentatore di locali dalla certa più che dubbia fama e indiscriminato profittatore del benevolo portafoglio coniugale letteralmente salvato dal tracollo del suo vecchio protettore Bottino Scaksi dal proprio inscalfibile e astuto servilismo e dal padron Merluzzoni, cui doveva addirittura la propria rinascita.
Parisi descrive una Fantinvest del 1991 che è un ambiente infarcito di raccomandati buoni a nulla (nel migliore dei casi) messi sotto contratto per motivi per lo più abietti, cui attribuisce decine e decine di pagine di aneddotica vergognosa, di scoop demenziali e/o inventati seguiti da non-smentite a mezza bocca; su tutti sovrintende l'Emiglio, pioniere della prassi oggi ordinaria ovunque per cui qualsiasi inezia sfruttabile per il consolidamento del potere può essere trasformata in un evento epocale. Dilemmi esistenziali come la scelta tra presepe o albero di Natale, interrogativi su vecchi negozi di fiorista, dubbi sul proliferare delle rondini mettono all'angolo nei notiziari Fantinvest cose come la partecipazione a vergognose imprese belliche o (soprattutto) l'ondata di umilianti arresti di ricchi o presunti tali ordinati dal giudice Di Sasso. Emiglio MalaFede sovrintende a tutto, statuendo che "la ggggente vuole i fatti" salvo infilare l'opinione di Merluzzoni "nei fatti più imbecilli". Le riunioni mattutine di ogni redazione sono quindi "cacce al tesoro a chi prima scova l'evento più insignificante" purché "delimitato nella cornice della cronaca da ballatoio condominiale, del racconto da portineria, del cazzeggio da bar, in modo che l'Emiglio possa imbastirci sopra una delle sue epiche logorree piroettando di frescaccia in frescaccia". Con l'ovvio e reiterato divieto di toccare in ogni caso e in qualsiasi modo gli interessi degli inserzionisti. Un capitoletto affronta una questione destinata a sviluppi ramificati e non del tutto positivi per l'Emiglio, per la corte di cui Merluzzoni lo aveva fatto maggiordomo e -sia pure dopo decenni- anche per lo stesso Merluzzoni: caratteristiche, presenza e selezione del personale femminile, attuata secondo criteri e metodi che è senz'altro inutile descrivere.
Un altro capitoletto è riservato invece al problematico rapporto tra l'Emiglio e il Nano Mentino, "chiamato" su ordine di Bottino Scaksi per il tg55 e planato al Palazzo dei Cignali sede della Fantinvest insieme a "un'intera divisione di grossi calibri" armato anche di un "diritto di opzione" che consentiva ai sottoposti dell'Emiglio di mettersi a suo servizio. Una "diaspora dei garofani" che segnò la fine delle ambizioni dirigenziali di un Emiglio ingratamente confinato al tg44, secondo un malevolo Parisi sostanzialmente perché non massone... e non circonciso. Difficile dire se avesse ragione perché la Fantinvest opera pur sempre nella penisola italiana, e come in tutte le realtà imprenditoriali del libero mercato locale quando si devono prendere decisioni radicali o imbarazzanti nessuno si espone; "vomitevole consuetudine" è quella di usare "una vischiosa ragnatela di grigie figure senza faccia che si passano il pugnale l'un l'altra così in fretta che nemmeno ti accorgi di chi poi ha sferrato il colpo".
In Montecarlo, Capri e capricci viene esposta in ogni sperperante dettaglio la lunga attività di prosseneta che l'Emiglio ha svolto a pro dei papaveroni della Fantinvest, che si avvalevano dei suoi servigi (e del personale femminile della sua redazione) per organizzare rilassanti permanenze in hotel a sei stelle che rimettevano fattura all'azienda.
Nei capitoli successivi Parisi definisce al meglio il suo personaggio: un Emiglio dalla parlata "greve, scurrile e pecoreccia", dalle definizioni lapidarie, sprezzanti e dalla adamantina coerenza: "Gianfranco Führerini [quello in doppiopetto]? Un fascistello di merda [1991], un politico del cazzo [1992], un politico efficace [nel 1993], un fedele alleato [1994]". Delatore abituale e prepotente con chiunque creda inoffensivo, l'Emiglio batte in ritirata "ebbro di codardia" le rare volte che qualcuno riesce a far valere le proprie ragioni salvo vendicarsi appena possibile.
Stimolato dal fatto che per riprendere le esequie di un giudice antimafia la Fantinvest aveva dovuto corposamente retribuire una famiglia palermitana commossa e compartecipe, l'A. dice di aver trascorso quattro mesi a indagare sulle infiltrazioni mafiose a Milano e di aver raccolto materiale pre un centinaio di pezzi cui l'Emiglio oppose un muro invalicabile, facendogli anzi capire che era meglio non affrontare l'argomento secondo la prassi comunicativa della efficiente organizzazione siciliana. Originario di Barcellona Pazzo di Sotto, l'Emiglio ha potuto proseguire la propria carriera grazie a Bottino Scaksi e poi a padron Merluzzoni, coronando l'ambizione di "riscattare nell'età adulta i natali giustamente ritenuti infami" fino a battere nel tetto di vetro della mancata iniziazione, che -Parisi ne è certo- lo ha di fatto escluso dall'empireo.
La cultura aziendale della Fantinvest è descritta in modo piuttosto particolareggiato: "i padroni tracciano la strada e i servi la concimano immolando se stessi", sentenzia Parisi descrivendo un clima organizzativo fatto di piccoli dispetti, favoritismi plateali, screzi, prese di posizione, vezzi inutili o molesti dettati dalla servile imitazione di qualsiasi sciocchezza venisse in mente ai Piani Alti per sprecare denaro. In queste costruttive circostanze l'Emiglio aveva sbaragliato ogni concorrenza col suo talento di incommensurabile servo, compresa quella di Giullarano Merdara, amatissimo dal Merluzzoni perché appartenente alla razza "degli ex comunisti pentitisi al momento giusto in cambio di qualche miliardata" che con la sua "Radio Fogna" stravaccava letame quotidiano obbedendo allo stesso Bottino e allo stesso ordine che imponeva di distrarre i sudditi intanto che la ghenga garofanara li rapinava in santa pace.
Parisi scrive che con l'arrivo dell'oste di cantina Gianfranco Funerali e della cicisbea Vittoria Sgorbi la Fantinvest era al completo per il golpe telematico del marzo 1994, la cui preparazione era in cantiere da anni. Gonfia di trecento laureati e con una sede in centro a Milano per un costo complessivo di duecento miliardi di lire di allora, la Fantinvest Comunicazioni era l'embrione di un partito politico messo in piedi lavorando un paio d'anni in relativo segreto e in condizioni obbrobriose dal punto di vista sindacale per prendere il potere e salvare un guazzabuglio inestricabile di società, compartecipazioni e scatole cinesi di cui era sicuro soltanto che per ogni lira di capitale ne aveva tre di debiti. La preparazione aveva seguito di pari passo la progressiva caduta in disgrazia di Bottino Scaksi, costretto a rifugiarsi nella villa di Manoneth "a godersi vent'anni di bustarelle" tallonato da un manipolo di magistrati sadici e impiccioni; il passaggio di padrone dell'Emiglio fu sancito dalla trasformazione del tg44 nel killer telematico a servizio di Merluzzoni, di lì a poco "capetto (con tacchetto) del governo più sgangherato e squallido della storia".
Almeno fino a quel momento.
Parisi passa in rassegna la corte dell'Emiglio di governo: dalla cerchia dei milanesi a quella dei romani fino a quella dei raccomandati d'acciaio, e racconta di come il giorno dell'insediamento del Merluzzoni l'Emiglio avesse e fosse strafatto. La Fantinvest, o per lo meno il suo personale, non ne trasse ovviamente alcun beneficio. Anzi, "come nelle famiglie mogliaccasa figliascuola e il resto tuttolavoro" iniziò una serie di "mancati rinnovi contrattuali" che lasciò ovviamente al loro posto solo "i papaveroni da sedici mensilità"... e l'Emiglio, premiato nella sua fedeltà con qualche benefit non di primissimo ordine. Secondo certi pronostici l'Emiglio sarebbe dovuto tornare da trionfatore alla ROI, da cui molti anni prima era stato "miseramente cacciato come un biscazziere qualsiasi". Ma ci sarebbe stato da fare in fretta: le pessime abitudini e l'età che avanzava rendevano concreto il rischio di qualche incarico alla memoria.
"Le vicende qui narrate", avverte l'A. in quarta di copertina, "sono frutto della più abietta fantasia della realtà. Trattandosi inoltre di una sequela di tendenziose calunnie interna a una diffamatoria campagna ordita dai Comunisti, l'autore si dissocia da sé medesimo e declina qualunque tipo di responsabilità".
Ogni valutazione spetta al lettore.


Max Parisi, MalaFede. Cronache satiriche del meglio dell'Emiglio. Milano, Kaos Edizioni 1994. 125 pp.