L'ottavo libro di Barbara Balzerani prende spunto dagli avvenimenti del 2019 e degli anni successivi; su tutti la pandemia del Covid-19, le involuzioni dell'economia e della società più o meno conseguenti e la guerra in Ucraina. Come filo conduttore sono presenti le vicende personali dell'autrice e della malattia autoimmune in cui è incorsa.
La prefazione di Filippo Kalomenìdis mette in evidenza il linguaggio essenziale di una scrittura che "danza fra il passo poetico e l'oralità aggraziata"; parole "di sangue e coscienza" più che "di carta e di inchiostro" che descrivono "una stagione del vivere malato" che non sembra più capace nemmeno di trovare "le parole per uscire dalla gabbia dell'adeguamento all'esistente" e in cui si arriva a conclusioni perentorie su un sottovivere -più che un sopravvivere- che viene inteso come benevola concessione da parte di un capitalismo definitivo che esclude esplicitamente l'idea di potersi sentire parte "dell'incessante cammino umano verso il calore della giustizia in terra". Kalomenìdis sottolinea nel libro l'andare di pari passo della malattia col disfacimento di un totalitarismo liberale cui viene addossata tanto la colpa della pandemia quanto delle sue conseguenze: un nemico che per ironia della sorte appare oggi stremato a chi lo ha combattuto per anni armi alla mano senza riuscire a scalfirlo.
Con la lettera di addio di Lorenzo Orsetti in epigrafe, il prefatore nota come "fare uso della propria vita per gli altri e cercare un futuro condiviso con gli altri" siano "azioni che appartengono all'altissimo vivere" in tempi che sono un eterno presente di "pace e democrazia" postulate, da cui la realtà non è mai stata così lontana.
Il libro contiene quattordici capitoli in cui si alternano memoria e considerazioni sulla realtà contemporanea; come già accennato si tratta di riflessioni collegate tra loro, che coprono un periodo compreso fra la fine del 2019 e i primi mesi del 2023.
In Addio a Venezia l'A. racconta del ritorno dopo vari decenni in una città in cui l'estrazione dei profitti è arrivata al punto di saturare l'urbanistica e di rendere quasi impossibile ogni attività non direttamente collegata alla bulimia turistica; mestieri, memorie e pratiche sociali aboliti di fatto e quando non basta anche per legge. Un fenomeno di cui Venezia non è certo sede esclusiva, ma che a Venezia intimorisce più che altrove per la pervasività delle trasformazioni che impone. Una delle realtà più evidenti di cui sia responsabile "una politica sottomessa all'economia" che non avrebbe potuto ottenere tanto successo "se troppi bravi cittadini non si fossero trasformati in sudditi, in preda a un'esistenza dominata da sempre nuove indotte paure".
Nel seguente Enrico Venezia appare rivestita da "un rilucente abito di scena" senza legami con la vita reale. E l'A. torna in una Roma senza cortei, dove si corre senza arrivare e ci si accalca insensatamente in una strada piuttosto che in un'altra. Una Roma dove il corpo "comincia a lanciare segnali d'allarme". L'Enrico del titolo -esule in Francia e alle prese con seri problemi di salute- aiuta a interpretare questi segnali. Enrico aveva ospitato la Balzerani a Parigi per una serie di presentazioni librarie; il racconto è un excursus su quella esperienza, sulla accoglienza ricevuta da lettori e recensori (assai più disponibili di quelli della penisola italiana) e sul dato comune della futilità turistica che nelle invettive dell'ospite diventa "la miseria di tanti immeritevoli beneficiari delle buone occasioni offerte dalla città". Enrico è fra gli scampati a una guerra finita da decenni su cui lo stato che occupa la penisola italiana è ansioso di mettere le mani: la precarietà giuridica va ad aggiungersi a una condizione di per sé precaria. Enrico porrà rimedio a tutte e due.
Il pianeta malato annuncia il succedere di qualcosa di destinato a sconvolgere come poche altre volte l'esistenza di tutti. Un qualcosa che interrompe le schermaglie tra grandi della terra e ambientalisti di postulata ingenuità cui viene blandamente promesso che l'intreccio dell'unica matassa che ha portato alla situazione presente verrà sbrogliata un capo alla volta. L'unico aspetto positivo del lockdown è che ferma bruscamente le giornate frenetiche. Per il resto la Balzerani non risparmia invettive contro interlocutori che rintuzzano ogni accenno di critica "armati di sacro spirito patriottico... col piglio degli emissari in terra di qualche Dio sapiente", e ricorda gli anziani che vi rimasero senza la consolazione di un commiato. L'emergenza virus completa il quadro della precarizzazione generalizzata, isolando individui autosufficienti, concorrenziali e asociali cui la tecnologia diffusa ovunque permette, con l'approvazione di una propaganda che è penetrata in ogni interstizio della dissolta vita sociale, di agire da affabili delatori di condominio. Il pensiero critico non è previsto, e questo rende preziosa ogni smentita, anche se viene dalla voce di una minoranza vilipesa.
Il periodo del lockdown è al centro de La scienza-religione: isolamento e medicalizzazione costruiscono una non-vita da istituzione totale punteggiata di statistiche sui contagi e di concessioni e soprattutto obblighi statuiti da un apparato politico noto soprattutto per essersi impegnato con dedizione degna di miglior causa nello smantellamento della sanità pubblica. La propaganda avalla i permessi di lavoro per le imprese di importanza strategica (indispensabili, irrinunciabili quelle che producono barche da regata) e "all'ora dell'aperitivo ammicca a una Milano che non si ferma". Precetta tutti alla delazione: tutti sorveglino sulla morte della socializzazione e sull'assenza di devianze all'imposizione della versione ufficiale per cui quanto sta succedendo è un incidente di percorso e non un male intrinseco a un intero sistema di vita; si impone di "aspettarsi lunga vita dal becchino", commenta con un lieve tono scarcastico l'autrice. Il vaccino precipitosamente diffuso e imposto a livello mondiale viene considerato il prodotto della "applicazione di un comando per automi standardizzati": Balzerani non è benevola verso gli stanziamenti miliardari per l'iniziativa quando per anni si è dissanguata la sanità pubblica lasciando al loro destino gli affetti da altre patologie gravi. Il dubbio e i dubbiosi vengono perseguiti con approccio militare e militaresco: "il lungo cammino per affroncare il metodo scientifico dal pensiero metafisico si interrompe e si cede al dogma della dea ragione produttivistica". La telematica, rifugio tollerato, fa da sfogatoio e da immunizzatore contro il conflitto sociale al tempo stesso. I "decenni di bombardamento mediatico sulla giusta scomparsa di ogni altro possibile" hanno il loro coronamento nella delega assoluta alla gestione governativa dell'emergenza. Le condizioni personali invece sono affrontate ne Il corpo capisce per primo, la storia di un percorso diagnostico tortuoso dominato dalla prodigiosa capacità dei medici "di rispondere senza farlo, ma col piglio di saperla lunga" e dei relativi ricoveri in mesi che comportano lutti pesantissimi: "mai così tanti e tutti insieme". La diagnosi di malattia autoimmune porta a una terapia che sa di beffa, con l'A. che si ritrova "in piena isteria pandemica, senza difese da ogni contagio".
Andrà tutto bene, titola la Balzerani prima di notare il contrasto tra la verità ufficiale e le sue statistiche e le storie personali che si sviluppa con l'obbligo di vaccinazione in un contesto di isteria collettiva che contempla il pacifico ricorso alla delazione. "Come proteggersi da perduti compagni di lotta che invocano la caccia e la per i trasgressori? Da tale scadimento è impossibile un ritorno". Alle disposizioni occhiute si sfugge con stratagemmi da galera, se non fosse che la realtà è fatta di informatori e di richiami a un ordine che si presenta tanto rassicurante quanto meno è credibile. L'autrice nota particolari farseschi che rivelano il tutto, come l'allucinante vezzo degli aperitivi on line. Nessuno stupore se alle prime, timide riaperture delle gabbie la "libera informazione" si riempie di contenuti allarmanti: "i più contaminati dalla cultura politica dominante alimentano il modello vincente della legge del più forte"; vittime e carnefici si somigliano per la stessa precarietà di esistenza, rileva la Balzerani prima di una lunga riflessione su un caso di particolare efferatezza e sui cambiamenti subiti dalla cittadina e più in generale dalla società in cui è avvenuto.
La tecnica al governo scende nei particolari di una salute minata da un "ospite tiranno" e imprevedibile. La ridda di prescrizioni contraddittorie richiama quelle imposte ai detenuti, in cui l'arbitrio è il vincitore di un gioco truccato fatto di regole mal scritte, e l'accostamento offre l'occasione per notare la repentina recrudescenza delle rivolte carcerarie perché in molte carceri le misure antivirus "si sono abbattute come un avviso di morte in vita nelle già precarie possibilità di socialità dei detenuti". La sostituzione della politica con la competenza tecnica avvenuta nell'indifferenza generale spinge l'autrice a ricordare chi aveva previsto "una vita fa", inascoltato se non deriso, che il capitale finanziario avrebbe pensionato le nomenklature di partito sostituendole con i tecnocrati di un potere pragmatico e persino difficile da identificare. Anche perché la tecnica consente senza sforzi un esercizio del potere che arriva "alla conduzione del quotidiano di ciascuno" come nelle peggiori distopie. In concreto, conclude l'autrice, chi ha collaborato a mettere distanze e a evocare discriminazioni si sarebbe fatto complice del dilagare di un'epidemia di quella paura su cui l'arbitrio del potere ha sempre prosperato.
Altro che "andrà tutto bene", dunque. Tutto tornerà come prima, conclude la Balzerani all'inizio de L'unico mondo possibile. Tutto tornerà come prima, "neutralizzando l'opportunità di cambiamento che le crisi portano con sé" e lasciando i talebani della punturina in servizio permanente effettivo insieme a uno stato di emergenza fatto di leggi forcaiole arrivate dritte dal 1930 con pochissimi ritocchi, in una situazione dove il diritto alla salute dei non vaccinati viene apertis verbis messo in discussione anche da chi "in anni di conquiste senza uguali" aveva "scritta sulle sue bandiere" l'universalità del diritto alla salute. In questa situazione, secondo l'autrice "il contagio più grave e più difficile da riparare" è nella perdita dell'ennesimo spazio di autonomia di pensiero e di azione.
Nessuna via di fuga è una serie di riflessioni sulla malattia e la cura, sulle condizioni del sistema sanitario, dei lavoratori e di quello che succede a non fare fronte comune davanti a comuni minacce. Per arrivare a riflessioni per nulla consolatorie su uno stato di cose presente in cui quando non c'è più nulla da negoziare l'arte del possibile diventa complicità col più forte e cambiare il sistema dall'interno si rivela un perseverare penoso. L'evocazione di Matera offerta in blocco a visitatori distratti connette queste considerazioni a quelle del primo scritto della raccolta.
In Bene e Male l'autrice descrive i tentativi di ritorno a una cauta normalità nell'estate del 2022. L'estate in cui una Russia "in vena di espansionismo in Europa" attacca l'Ucraina in una guerra che in Occidente è occasione per rinverdire "gli argomenti e soprattutto gli armamenti" della guerra fredda, in nome della "infinita missione atlantica contro il Male". La Balzerani presenta la situazione come "il secondo atto di un film dell'orrore" senza soluzione di continuità con la pandemia per quanto riguarda la propaganda: stessi toni sopra le righe, stessa regia, stessa indiscutibile versione dei fatti, stessa mancanza di contesto". In ogni riga di giornale "si inneggia alla funzione occidentale di garanzia della pace e di giustizia in terra" sorvolando sulla distruzione della Jugoslavia, sull'invasione di paesi sovrani, sul rovesciamento di governi e l'innalzamento di dittatori a pro di un presunto Bengodi di cui la maggior parte degli abitanti del pianeta non fa parte, di cui non sente l'attrattiva e alle cui menzogne non crede. L'autrice passa in sarcastica rassegna i luoghi comuni della propaganda occidentale e la sua propensione alla memoria corta, insieme con una solidarietà avallata dall'alto che somiglia poco alla giustizia e molto alla benevolenza avallata da intenti meno presentabili. Intanto che lo spettro atomico torna a fare capolino.
Un viaggio in Sicilia prima di reimmergersi nella lotta alla malattia è argomento de Le cicogne e le serre. Le serre sono quelle che dall'alto appaiono come uno sbarramento lattiginoso che chiude "ogni possibilità di accesso al mare" dal ragusano alla provincia di Caltanissetta, in un sistema messo a regime dalla grande distribuzione. Le cicogne sui pali della corrente come unico pendant di un mondo dove lo sfruttamento e peggio non hanno bisogno neppure di precari maquillage: chi attraversa luoghi e vite altrui come se fossero attrazioni di un luna park è immune al contagio della conoscenza e del coinvolgimento emotivo.
Anche Sopravvivere è occasione per un ricordo di viaggio, un soggiorno a Ischia, che inizia con i rilievi sarcastici su quel ne usciremo migliori che viene spettacolosamente smentito ogni giorno. L'isola non va esente dai processi di sfruttamento intensivo dell'economia turistica che hanno colpito Venezia e Matera, con una edilizia fitta e dal condono facile che non sempre resta senza conseguenze. Se lo sviluppo di un tempo prometteva di affrancare da povertà sempiterne, quello di oggi promette -e mantiene, pare- di rendere inutile la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta, da tenere buoni con droghe e videogiochi fino all'estinzione secondo le asserzioni di stimati frequentatori di Davos che indicano anche come delegare questi compiti ai tecnocrati.
In Sabotare e disertare il libro si conclude con una riflessione sugli spazi di libertà e su come ritrovarne, dopo il fallimento delle rivoluzioni del secolo scorso e della tecnica come depositaria della fiducia. La Balzerani indica nel sabotaggio e nella diserzione, che passano dalla gratuità e dalla mutualità, delle possibili vie d'uscita.


Barbara Balzerani, Respiro. DeriveApprodi, Roma 2023. 96 pp.