La storia della Repubblica Islamica dalla fondazione all'elezione di Mahmoud Ahmadinejad viene trattata da Guolo secondo un'ottica cronologica, nella prima parte del volume, e secondo un'ottica di approfondimento di alcuni temi salienti nella seconda.
Il carattere di "rivoluzione contro la tradizione" alla base dell'esperienza della Repubblica Islamica viene illustrato nel primo capitolo del volume, in cui si indicano antecedenti ed ispiratori (Ali Sharia'ti su tutti) dell'ayatollah Khomeini e si tracciano natura e limiti del "doppio stato" che fu realtà di fatto dopo il rientro di Khomeini in patria e fino allo scoppio della "guerra imposta". Si illustra l'origine e la natura del principio del vilayat-i-fiqh, l'autorità del giureconsulto, cui Khomeini improntò la costituzione repubblicana. L'aggressione irachena del 1980 è argomento del secondo capitolo. La mobilitazione totale consentì alla neonata repubblica di resistere praticamente al mondo intero, a costo di un tributo di sangue altissimo. Il comportamento eroico dei pasdaran e dei bassij, nonché quello delle donne combattenti, ne legittimerà nei decenni a seguire l'azione sociale e politica ma non riuscirà nell'obiettivo di esportare una rivoluzione resa possibile dalle peculiarissime e non ripetibili caratteristiche della società sciita.
Nel terzo capitolo si trattano la successione a Khomeini ed i primi dieci anni di vicende politiche seguite alla fine della guerra con l'Iraq.
Col caso Rushdie, che non era nato in Iran ma in India e riguardava un cittadino britannico- Khomeini rilanciò negli ultimi giorni della sua vita il concetto di "islam globale" superando i tradizionali limiti di dar al'Islam e di dar al'Harb, quella "casa della guerra" che fino ad allora, anche per gli eruditi, era rimasta una sorta di hic sunt leones. La Repubblica Islamica non sarà mai davvero interessata all'esecuzione della sentenza nei confronti dello scrittore; la vicenda servì essenzialmente per riportare l'Iran al centro della scena mediatica, mentre si preparava il "calice di veleno" della pace con l'Iraq. Pur allontanando da sé Montazeri, dai più considerato il suo delfino, Khomeini preparò con realismo la propria successione andando nuovamente contro tradizione, e facendo sì che, anche per il ruolo di Guida (Rahbar), i criteri politici prevalessero nella scelta su quelli inerenti la pietas o l'erudizione dei candidati.
Il successore di Khomeini, Khamenei, ebbe un rapporto piuttosto duro col presidente Rafsanjani, chiamato a guidare il paese fuori dalla mobilitazione di guerra, a rimettere in piedi l'economia nazionale, ad affrontare la costellazione di problemi provocata dal rientro dei reduci e dal numero spaventoso di feriti e di invalidi. Nonostante gli attacchi della stampa legata a Khamenei, l'emergere di tante contraddizioni da dirimere tra la supremazia degli organi a nomina e a sfondo religioso e quelli sottoposti ad elezione e a sfondo propriamente politico, preparerà il terreno per il confronto politico ai tempi della presidenza di Khatami, argomento del quarto capitolo.
Eletto da un fronte tanto composito quanto deluso, Khatami fu nel 1997 il primo presidente riformista della Repubblica Islamica (il volume illustra estesamente i contrasti tra riformisti, pragmatisti e conservatori, i tre orientamenti che dominano la vita politica iraniana); si descrive la difficile convivenza col parlamento a maggioranza conservatrice, che si inasprì con la vittoria riformista del 1999 alle elezioni amministrative e con le rivolte studentesche del luglio dello stesso anno, nel corso delle quali i bassij dettero prova di comportamenti molto meno eroici di quelli mostrati nella guerra di dieci anni prima. Per avere dalla sua anche la Majilis, Khatami dovrà attendere il 2000 e subire intanto la velenosa diffida dei pasdaran. Nel corso del suo secondo mandato la totale avversità dei conservatori vicini alla Guida nei confronti della sua linea politica impedirà a Khatami di muoversi con efficacia; il poderoso blocco sociale che lo aveva sostenuto inizia a sfaldarsi e a perdere componenti sotto i colpi di quello che di fatto è un vero e proprio blocco istituzionale. La stessa parte politica accentua la repressione del dissenso, temperata solo dalle virulente proteste studentesche che trovano sponda nel potere propriamente politico. Nel 2003 il Grande Satana aggredisce l'Iraq; nel luglio, una nuova protesta studentesca che ottiene l'esplicito appoggio americano viene ipso facto delegittimata agli occhi del suo stesso target e, con i vertici decimati dagli arresti, fallisce la prova di forza con i conservatori. Le elezioni amministrative del 2003 si erano già svolte all'insegna dell'astensione: in quelle politiche del 2004 i conservatori riprendono il controllo della Majilis.
Il sesto capitolo è incentrato sull'inaspettata ascesa di Mahmoud Ahmadinejad, ex combattente, prima sindaco di Tehran e poi presidente della Repubblica eletto dalle fasce popolari rimaste escluse dai benefici della modernizzazione del paese. Lotta alla corruzione, valorizzazione del sacrificio dato dai mustadafin (i diseredati) alla causa rivoluzionaria, linguaggio imbevuto di simbolismi cari al credente sciita nonché un tenore di vita risaputamente spartano permettono all'elettorato degli ex combattenti di mandare alla presidenza un loro rappresentante. Che non riuscirà però, nelle tornate elettorali successive, a ripetere il successo.
La seconda parte del volume è composta da saggi monotematici su politica, religione e società.
Il sesto capitolo tratta del nucleare iraniano; la ricerca in questo campo non rappresenta alcunché di nuovo, dal momento che furono gli USA, insieme a Francia ed Argentina, a fornire a Pahlevi materiali e tecnologie per il nucleare civile. Ai tempi dello Shah l'Iran acquistò anche miniere di uranio in Namibia e tecnologie dual use. Dopo la rivoluzione e la guerra il programma nucleare è ripreso con l'aiuto russo e con un'occhiuta supervisione internazionale le cui vicende occupano i media ogni giorno, dal 2002 in avanti.
Il settimo capitolo, il doppio stato, è in pratica una disamina delle istituzioni iraniane e dei rapporti che intercorrono tra esse, identificando i pregi e soprattutto i limiti del sistema: l'assenza di un leader carismatico amplifica i conflitti politici ed istituzionali insiti nel dualismo, portando al rischio paralisi i meccanismi decisionali.
L'ottavo capitolo è dedicato alla critica interna alla Repubblica. Il concetto di vilayat-i-fiqh non è mai stato realmente accettato all'unanimità. Sorush, Shabestari, Kadivar e Montazeri sono solo alcuni dei giurisperiti che si sono interrogati sulla natura delle istituzioni repubblicane e sul rapporto dell'Islam con la modernità; nella realtà della Repubblica lo "stato etico" rischia di imporsi come divinità vera e propria, con un "dio politico" che soppianta il "dio della devozione", del quale erode le basi sociali.
L'ultimo capitolo, seguito peraltro da un glossario e da una bibliografia molto documentata, è intitolato Le donne tra religione, famiglia e stato.
La "rivoluzione bianca" dei Pahlavi fu vissuta dalle donne non borghesi (la stragrande maggioranza) come una serie di "benefici" e di "miglioramenti" imposti e pilotati dall'alto; di qui l'appoggio femminile alla rivoluzione. Khomeini dovette ammorbidire di molto certi assunti antifemminili, e rinunciare del tutto ad altri, e dovette fermare i più zelanti tra i rivoluzionari affatto disposti a riconoscere un ruolo sociale alle donne. Pochi giorni dopo il suo rientro, Khomeini ribadì la parità di diritti nello studio, nella politica e del lavoro, subordinandola solo al rispetto dello hijab. Lo stato islamico nacque con l'intento di garantire che l'accesso delle donne alla vita pubblica e sociale non mettesse in discussione l'integrità dell'ordine familiare e comunitario. L'imposizione dello hijab, nel 1981, fu accolta in modo contrastante; insopportabile per alcune, bandiera rivoluzionaria per altre perché indice di una via alla partecipazione libera da modelli importati. Sulle malvelate si accaniranno comunque, a fasi alterne, conservatori politici e corpi armati rivoluzionari.
Nel corso degli anni l'iniziale istituzionalizzazione della sottomissione femminile si è molto attenuata perché le donne hanno saputo utilizzare le libertà politiche ottenute per legge per ampliare le libertà personali e quelle nel campo del diritto di famiglia; il volume sottolinea il prezioso apporto, in questo settore, delle ex combattenti. Tra i successi principali della lotta politica condotta all'interno delle istituzioni, ci sono il rifuto del "matrimonio temporaneo", sbrigativamente considerato in "occidente" quale copertura della prostituzione ma in realtà istituto giuridico di ben altra e vasta portata, e quello della poligamia. In un paese dove quest'uso è legittimato dalla religione, le parlamentari sono riuscite in pratica a sottometterlo al benestare della prima sposa, legittimata altrimenti al divorzio. Dal 1992 la legge sul divorzio ha reso più difficile il ricorso ad esso da parte dell'uomo, ed ha posto le basi per il riconoscimento economico e sociale del lavoro domestico, da quantificare in denaro e da corrispondere alla moglie in caso di cessazione del vincolo matrimoniale.

Renzo Guolo - La via dell'Imam - L'Iran da Khomeini ad Ahmadinejad. Ed. Laterza, Bari 2007.