Nella postfazione di Annamaria Rivera si legge che la tesi di fondo difesa da Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci in questo Svastica verde è che la Lega Nord per l'Indipendenza della Padania, uno dei principali partiti "occidentalisti" operanti nella penisola italiana, presenterebbe "i lineamenti inconfondibili e brutali di un movimento eversivo, razzista, tendenzialmente totalitario". Gli autori portano a sostegno della loro tesi una grossa mole di materiale documentario attingendo in venti anni di propaganda, comunicati stampa e materiale massmediatico prodotto da esponenti della Lega, insieme ad altre produzioni di cui sono invece fonte i suoi più diretti detrattori. La decina di capitoli del testo approfondisce altrettanti temi della pratica politica e della propaganda leghista; nomi, cognomi e circostanze di ogni episodio sono riferiti con puntualità e con richiami alle rispettive fonti, con qualche imprecisione nel caso dei molti siti web di cui è riportato l'indirizzo. .
Il primo capitolo è dedicato all'invenzione della Padania, una "invenzione della tradizione" che ha fornito al partito il mito fondante necessario a presentarsi come contrapposto al postulato centralismo statale di tutte le altre formazioni politiche, ed alla propaganda che questa costruzione ha alimentato. Questo costrutto ha rafforzato l'intolleranza, irrobustita da una certa dose di suprematismo razziale, che la Lega dei primi lustri ostentava nei confronti di quanti fossero originali della parte meridionale della penisola italiana; le asserzioni discriminatorie e la presentazione della macchina statale come un qualcosa di dominato in ogni settore da allogeni degni soltanto di massicce operazioni di pulizia sono l'argomento centrale del secondo capitolo del libro.
Dietro un'immagine pubblica che si presenta intrisa di senso pratico e di pragmatismo innovatore, la Lega non nasconde una propensione al linciaggio nei confronti di qualunque gruppo sociale venga percepito come vantaggiosamente linciabile. Il terzo capitolo del volume presenta, tra le altre cose, la eloquente storia di un "Libero Orientamento Sessuale Padania" fondato in un periodo (1997) in cui la Lega puntava a diventare unica rappresentante politica nell'area geografica di riferimento mettendo per questo in piedi iniziative capaci di attirare ogni settore dell'elettorato, e pochi mesi dopo sacrificato con la massima disinvoltura a seguito di cambiamenti considerevoli nel target elettorale e nella retorica del "partito", assai meno propensa ad insultare il centralismo statalista una volta avuto accesso alle prime stanze dei bottoni.
Il quarto capitolo potrebbe essere riassunto, dal titolo del suo ultimo paragrafo, come una catena interminabile di porcate; la definizione si adatterebbe con ottima precisione all'intero operato politico e mediatico delle forze "occidentaliste" presenti nell'agone politico peninsulare, ma nel caso in particolare chiude una lunga e documentatissima trattazione su una pratica politica sostanzialmente basata sul razzismo biologico. La traduzione operazionale di queste istanze in provvedimenti di legge ha procurato allo stato che occupa la penisola italiana, specialmente negli ultimi anni, aperte, persistenti e meritate attestazioni di disprezzo da parte dell'Unione Europea. Poi sono arrivate le prime condanne. Nel quinto capitolo di Svastica verde il tema viene ulteriormente sviluppato con una disamina della quotidiana corsa al rilancio di cui la Lega si è resa protagonista indiscussa in materia di asserzioni da forcaioli amriki; operazione comprensibile, perché dal mantenimento di un persistente ed inscalfibile cappa di odio, di terrore e di sospetto dipendono in misura essenziale le fortune elettorali di individui altrimenti connotati soltato da una incompetenza assoluta in qualunque campo dell'umano agire. In tutto il volume Peruzzi e Paciucchi sottolineano l'infinita condiscendenza con cui i mass media hanno accolto, e continuano ad accogliere, la propaganda leghista.
Il sesto capitolo riguarda la storia dei rapporti della Lega Nord con Silvio Berlusconi. Il fondatore della Lega Umberto Bossi è passato dalle invettive violentissime dei primi anni ad un vero e proprio idillio. Al di là delle motivazioni squisitamente venali sui quali indugiano, i curatori del volume affermano in proposito che "la memoria è corta ed evidentemente le parole non hanno un peso: esse vengono usate in modo aggressivo per attaccare un nemico e poi nemmeno ritrattate, ma sostituite con altre allo scopo di una riappacificazione esibita. La prostituzione del linguaggio, basata sui forti affari in comune, sulla ricerca tendenzialmente totalitaria del dominio del territorio e sulla totale assenza di dignità, diventa poi prostituzione dei progetti politici e degli apparati dei partiti interessati". Una buona sintesi della quotidianità politica "occidentalista".
Il cattolicesimo in salsa celtica della Lega Nord per l'Indipendenza della Padania che dà il titolo al settimo capitolo del libro sta ad indicare l'estensione della disinvoltura e della totale assenza di coerenza e di dignità che contraddistinguono il politicame leghista anche alla sfera dei valori spirituali. In queste pagine il libro passa in rassegna, tra le altre cose, alcune tra le innumerevoli occasioni in cui -di solito tramite comunicato stampa- i politici leghisti hanno tentato di dare lezione di esegesi evangelica a questo o quel ministro di culto cattolico colpevoli di non assecondare con la solerzia desiderabile i più abietti proponimenti del partito. Senza che la cosa fosse di impedimento a che la Lega si autonominasse baluardo antiislamico a difesa delle asserite "radici cristiane" della "civiltà occidentale". La maggior parte del capitolo successivo è occupata da un paragrafo intitolato casellario giudiziario. Il partito della legge e dell'ordine annovererebbe un buon numero di alti quadri coinvolti in episodi ai limiti dell'eversione, dei quali gli autori forniscono puntuale e dettagliato resoconto.
Il decimo capitolo illustra la trasformutazione di tipo alchemico subìta dallo spirito leghista nel corso degli ultimi venti anni, tra "imprese" economiche tra il fumoso e il velleitario finite nel peggiore dei modi e storie di malcostume diventate rapidamente un'abitudine. Né duri né puri: la tangente Enimont. Gli affari -con crac- in Croazia. Questi alcuni degli episodi che indicano quanto sia cambiato, e quanto sia cambiato velocemente, il modo di fare di chi aveva esordito nei massimi organi di rappresentanza dello stato che occupa la penisola italiana sciorinandovi corde e nodi scorsoi. In uno dei paragrafi che tratta della scalata leghista alla dirigenza di vari istituti bancari, Peruzzi e Paciucci affermano che fa impressione la rapacità di chi di fallimento in fallimento continua a spacciarsi come servitore del popolo, essendone forse il becchino.
L'ultimo capitolo è lo svastica verde che dà il titolo al volume, ed indaga i legami -a quanto pare assai stretti- che la Lega Nord ha con gli esponenti ideologici dell'"occidentalismo" ad orientamento razzista.
Svastica verde ha i pregi ed i limiti della rassegna stampa; può rappresentare un testo di consultazione utile per quanti si trovassero in condizioni di dover inquadrare nella giusta ottica le produzioni mediatiche leghiste, cui a tutt'oggi il mainstream peninsulare ha assicurato una quotidiana condiscendenza acritica.


Walter Peruzzi, Gianluca Paciucci - Svastica verde. Il lato oscuro del va' pensiero leghista. Editori Riuniti, Roma 2011. 438 pp.