Il versante nord del Caucaso è un mosaico culturale, etnico e linguistico con pochi paragoni al mondo. La Cecenia è nota in genere soltanto per i conflitti degli anni '90 e per la sorprendente intraprendenza ivi dimostrata dai suoi guerriglieri. Le trecento pagine del testo di Aldo Castellani, che ha trascorso quattro anni nel Caucaso come lettore all'Università di Tbilisi, forniscono un inquadramento storico, geografico, linguistico e culturale della repubblica che aiuta il lettore a farsi un'idea più accurata del paese e della sua gente, a detrimento del consueto ed abituale pressappochismo con cui i mass media presentano invariabilmente l'argomento.
Il testo è redatto secondo due parti distinte, la prima tratta temi storici e geografici, la seconda temi etnici e culturali.
I sei capitoli della prima parte prendono le mosse dalla descrizione ambientale e geografica del paese e sono anticipati da una prefazione in cui vengono presentati sia l'opera che le difficoltà incontrate dall'A. nel reperire fonti storiografiche in cui le vicende anche recenti, in primo luogo autentiche sciagure come la deportazione di massa del popolo ceceno messa in atto dai sovietici nel 1944, hanno ogni volta provocato ogni genere di perdita irreparabile. All'inquadramento geografico della Cecenia segue un capitolo in cui si trova una ricostruzione a grandi linee della storia antica del Caucaso settentrionale; il fatto che ogni ondata migratoria o di invasori, dagli sciti ai khazari, sospingesse la popolazione autoctona verso le zone montane viene rimarcato come un fenomeno ricorrente, principale responsabile per molti secoli della geografia etnica del territorio.
Un breve capitolo sulle origini del popolo ceceno, sviluppato anche con riferimenti al mitico capostipite eponimo Turpal Nakhco, illustra le tesi contrapposte della loro autoctonia e della loro provenienza dal Caucaso meridionale. Le origini della resistenza cecena vengono ricostruite da Castellani esponendo la storia del conflitto con l'impero russo, che assunse dimensioni di vera e propria guerra di conquista a partire dai primi decenni del XIX secolo. Il capitolo dedica particolare attenzione alla figura di Saikh Mansur, una figura difficile da identificare con certezza al punto che ad un orientamento storico-biografico incline a identificarlo con un ceceno di nome Unsurma se ne affianca un altro che riconosce in Mansur un domenicano piemontese di nome Boetti.
La spietatezza dei russi nelle operazioni e nell'occupazione del territorio, che raggiunsero picchi di autentica efferatezza già nel terzo decennio del XIX secolo sotto il "proconsole" Ermolov, favorirono la profonda islamizzazione di una Cecenia fino ad allora poco caratterizzata in tal senso e nella quale al monoteismo si intrecciava molto dell'antico paganesimo. La diffusione delle confraternite sufi caratterizzò da allora l'Islam locale. Il sufismo informò di sé la resistenza ai russi anche dal punto di vista organizzativo e sociale. La conquista della Cecenia per la conformazione del territorio, per la disposizione degli abitati e per la resistenza organizzata da parte di gruppi organizzati e padroni del terreno che nel frattempo si era eretto ad imamato non poté dirsi conclusa prima del 1861; l'A. descrive la guerra che figure della resistenza come Samil condussero -e con successo- per oltre quarant'anni contro gli invasori russi, prima di esporre dinamiche e conseguenze dei successivi decenni di amministrazione zarista. La scoperta del petrolio in territorio ceceno provocò conseguenze senza paragoni sull'etnografia del paese, le cui zone pianeggianti furono in pochi anni fittamente popolate da colonizzatori russi.
Il libro riporta le vicende della rivoluzione bolscevica, che riuscì ad affermarsi in Cecenia anche grazie a formazioni armate di ispirazione islamica e che portarono alla nascita di una Repubblica delle Montagne che comprendeva tutto il Caucaso del nord. Una repubblica che sopravvisse precariamente fino al 1924, complice il paradosso di capi e combattenti di formazione sufi che entravano in un partito che aveva nell'ateismo uno dei punti fermi del proprio programma. Il mancato rispetto della parola data da parte di Stalin, l'alienazione culturale che i russi continuarono ad imporre e la successiva introduzione anche in Cecenia di una collettivizzazione forzata che si imponeva su un ordine sociale in cui appartenenza a clan e a confraternite aveva fino ad allora garantito coesione provocarono un nuovo intensificarsi della lotta armata, sotto la guida del "maggiore" Saadullah Magomedov. Il capitolo intitolato "Lo scontro per il Caucaso" si chiude con la descrizione delle vicende legate all'invasione tedesca; con la successiva ritirata un certo numero di ceceni che avevano combattuto contro l'Armata Rossa andò ad unirsi ai "cosacchi" stanziati in Carnia.
Per quanto poco consistente, il sostegno ai tedeschi fu fatto pagare al popolo ceceno con la deportazione del 1944, con la descrizione del quale si apre il capitolo successivo. Solo con la destalinizzazione i ceceni poterono tornare in patria, e la Cecenia fu ricostituita come entità autonoma, avviandosi a diventare paese petrolifero e industriale. Alla storia cecena fino al collasso dell'URSS sono dedicate le ultime pagine della trattazione.
Gli anni dopo il 1990, le due guerre cecene, l'occupazione da parte dell'esercito russo, le figure di Djokar Dudaiev e di Aslan Maskhadov, il diffondersi e l'affermarsi dello wahabismo sono argomento del capitolo con cui si chiude la parte propriamente storica del volume. Nella Cecenia del 2006 la guerra "tra una nazione alla faticosa ricerca della propria indipendenza ed un'altra disperatamente determinata a mantenere ad ogni costo la propria minacciata integrità psicologica e territoriale" era diventata una inestricabile ed estremamente brutale guerra per bande, essenzialmente espressione di gruppi di potere il più delle volte a sfondo criminale.
La seconda parte del volume si apre con un capitolo che tratta del rapporto tra Islam e Cecenia. La Cecenia è stata islamizzata in profondità solo in epoca moderna; Castellani ripercorre la storia di questo processo soffermandosi sulla diffusione e sull'importanza delle confraternite sufi e del muridismo, ricostruendo il progressivo rafforzarsi di un processo di islamizzazione che, in conseguenza delle continue guerre, ha presto finito per trasformarsi in una questione identitaria. In chiusura viene presa in esame la questione dello wahabismo, diffusosi negli anni Novanta sovrapponendosi con un successo assai relativo al contesto esistente, che il testo in generale lascia intendere fino ad epoche recentissime composito e affatto estraneo da reminiscenze ancestrali di tipo paganeggiante.
Le torri da difesa e da abitazione, elemento caratteristico dell'architettura cecena e di alcune regioni confinanti come il Tusheti georgiano, vengono descritte nelle loro parti, nel loro utilizzo e nella loro tecnica costruttiva in "Tra le antiche torri: l'architettura civile e militare".
Il capitolo seguente è tra i più argomentati ed estesi di tutto il testo, ed è costituito da una sintetica trattazione sulla lingua cecena, di cui vengono esposti i fonemi, e di cui viene descritta la morfologia e la sintassi, accennando alle peculiarità che la caratterizzano fino ad arrivare alle formule di saluto e di cortesia, la cui importanza era particolarmente sentita nella società cecena fino a pochi decenni fa.
Si è visto come la diffusione capillare dell'Islam in Cecenia sia avvenuta relativamente tardi. Spiriti, dèmoni e dei cui è dedicato un capitolo apposito sono sopravvissuti a lungo, assieme alla mitologia ed alle altre testimonianze dei culti preislamici. Lo stesso vocabolo Dela, che può essere impiegata in ceceno per indicare Allah, indica propriamente un'antichissima divinità solare protagonista di tutti i miti cosmogonici. Il capitolo passa in rassegna le principali figure del pantheon antico, tra cui la dea della fertilità Tusoli, e dopo aver illustrato le tradizioni correlate al culto pagano ricorda in conclusione l'esistenza in territorio ceceno di alcune piccole chiese cristiane medievali, lasciate dai missionari georgiani.
L'organizzazione della società cecena si basa tradizionalmente sul principio patriarcale di appartenenza a gruppi i cui appartenenti condividono un antenato comune, reale o mitologico che sia. Un capitolo del libro è dunque dedicato al tajpa, nome proprio della struttura sociale più caratteristica che sostituì in tutto il paese un'organizzazione feudale che dal XV secolo subì gravi danni a causa dell'uso della vendetta di sangue, praticato con larghezza.
Nel corso dei secoli in Cecenia si è andato sviluppando l'adat, l'interpretazione e l'applicazione di leggi non scritte basate su rassegne di casistica minuziose. Una regolamentazione civile, penale e di procedura al tempo stesso, a trasmissione orale e basata sull'arbitrato e sul risarcimento del danno cui spettava anche e soprattutto la minuziosa regolamentazione del diritto di vendetta su ricordato. L'adat riuscì a convivere con la sha'ria introdotta con l'islamizzazione del paese, e l'annessione russa si tradusse sostanzialmente nella sostituzione degli indennizzi in natura on corrispettivi in denaro.
Un capitolo è destinato da Castellani alla descrizione della vita quotidiana e della cultura materiale, della vita sociale e dei riti che la scandiscono dalla nascita alla morte.
La trattazione si chiude con due capitoli dedicati rispettivamente al culto del guerriero e ai poemi epici detti illes; l'A. descrive in essi armamenti ed usi della guerra e l'etica che faceva ad essi da sostegno, per passare poi alle principali questioni sollevate dall'epica cecena.
Il libro presenta in chiusura una biblografia e l'elenco delle voci in lingue caucasiche utilizzate nel testo.

Aldo Castellani - Storia della Cecenia. Memoria, tradizioni e cultura di un popolo del Caucaso. Rubbettino, 2008. pp. 344