Israele un progetto fallito- I valori dell'Ebraismo traditi da uno Stato che o sarà bi-nazionale o è senza speranza è un saggio di stampo storico e sociologico sullo stato sionista che Mario Moncada di Monforte concepì nel 2007 quasi come uno instant book. A suo dire, a fornire l'energia di attivazione alla redazione del volume fu un articolo di Susanna Nirenstein pubblicato da "La Repubblica" il 10 aprile 2007 in cui si recensiva, con una visione oltremodo ottimistica sullo stato sionista, un libro sulla dottrina politica alla base della sua formazione.
A detta di Moncada di Monforte il sionismo politico rappresenta la negazione personificata dei principi fondanti dell'ebraismo; a questa tesi l'autore finisce per dedicare circa duecento pagine che, seppure scritte dopo la sconfitta dello stato sionista nella guerra contro Hezbollah e prima dell'aggressione a Gaza del 2009, conservano una assoluta attualtà vieppiù confermata dagli eventi e restano comunque un'utile lettura per chi intenda contrastare la propaganda sionista.
Particolare di una certa rilevanza, il lavoro è stato ultimato consultando esclusivamente fonti ebraiche.
Il primo capitolo si apre con un inquadramento terminologico in cui vengono esposti compiutamente il significato dei vocaboli ebreo ed antisemitismo e la storia del sionismo nelle sue varianti politica, pratica, spirituale e revisionista. Si tratta di un'esposizione sintetica ma importante, in cui vengono citati i capiscuola di ogni corrente da Hess a Kalischer, da Herzl al Ginzberg che scrisse come Ahad Ha-am, da Buber a Jabotinsky.
Un utilizzo appropriato delle parole è già sufficiente a confutare e a deridere le istanze della propaganda più accesa, che in genere mira soltanto ad accusare qualsiasi detrattore -specie se in possesso di argomentazioni cui è difficile controbattere- di star coltivando nostalgie inconfessabili. In particolare Moncada di Monforte mette pesantemente in discussione l'assunto che vorrebbe esistente un "popolo ebraico" scevro da contaminazioni e destinatario escatologico dell'instaurazione di uno stato dedicato. Il capitolo si chiude con uno excursus storico sulla fondazione dello stato sionista e sui (molti) motivi che consentono di esprimere fondati dubbi sul suo futuro, a partire dalla postulata esistenza di un "popolo ebraico" mai esistito come tale. La maggior parte delle argomentazioni sono tratte dagli scritti di Benny Morris, un "new historian" estremamente critico verso i miti fondanti dello stato sionista e verso la sua vulgata storica e tutt'altro che disposto a sorvolare sulla prassi dei gruppi armati sionisti fatta di pulizia etnica, azioni terroristiche ed omicidi mirati. Il progetto sionista aveva l'obiettivo di sostenere l'unicità etnica e culturale degli ebrei intesa come fondamento del diritto ad uno stato nazionale e quello di riunire tutti gli ebrei del mondo in un unico paese, per garantire loro l'armonia sociale e la fine delle discriminazioni.
Secondo Moncada di Monforte, che accampa in questo le argomentazioni di esponenti della corrente spirituale, a centoventi anni dalle sue prime formulazioni compiute il sionismo ha fallito in tutti e tre gli obiettivi: la società dello stato sionista è attraversata da discriminazioni e ingiustizie sociali di ogni genere, lo stato sionista non raccoglie neppure la metà degli ebrei del mondo, e la spinta al "ritorno" si è da tempo esaurita mentre prende invece campo in misura sempre maggiore il fenomeno inverso.
Il secondo capitolo affronta il tema dell'immagine internazionale dello stato sionista; alla propaganda incessante che lo mostra come un modello di democrazia occidentale corrisponde una realtà in cui manca una costituzione scritta, sempre osteggiata da una destra religiosa che la considera a tutt'oggi un limite alla propria azione arbitraria, ed in cui la prassi informale del funzionamento dei mass media smorza la portata del dissenso sul piano interno o punta a negarne legittimità e credibilità. Gran parte del capitolo è dedicata ad elenchi di vittime dell'arbitrio sionista nei territori occupate, alle decine di risoluzioni dell'ONU ignorate, alle denunce sull'edificazione del muro in Cisgiordania e alla costellazione di comportamenti che hanno ridotto lo stesso territorio ad una serie di énclave separate tra loro da percorsi aperti solo all'esercito sionista.
Il terzo capitolo è dedicato innanzitutto alla storia del "processo di pace", i cui sforzi sono sistematicamente inficiati dalla prassi sionista di mettere in ogni caso la controparte davanti a fatti compiuti non trattabili. In particolare lo stato sionista rifiuta il ritorno dei profughi palestinesi (che altererebbe un equilibrio demografico già precario mettendo fine alla pretesa "ebraicità" dello stato), rifiuta la divisibilità di Gerusalemme e rifiuta di ammettere l'illegalità degli insediamenti nei territori palestinesi, per lo più abitati da esponenti della destra religiosa cui si deve per intero -e da decenni- la linea politica del paese. Lo scritto esamina poi le pratiche di apartheid adottate per rendere Gerusalemme una città esclusivamente ebraica, rifacendosi in primo luogo ad un saggio di Ilan Pappe eloquentemente intitolato La pulizia etnica della Palestina. Nel penultimo paragrafo vengono esposte alcune delle conseguenze che la politica sionista dominata dalla destra e dai coloni ha sui cittadini del paese: il malcontento e il timore serpeggianti, le retribuzioni scarse e le poche prospettive per il futuro convincono molti giovani (e non) a trasferirsi altrove. Le ultime pagine del capitolo sono quelle che meglio sostengono le conclusioni dell'autore sul gramo futuro che attende uno stato sionista preda dell'ostinazione degli intransigenti, destinato ad essere travolto dai mutamenti demografici in corso. Moncada di Monforte si basa sugli studi demografici di Sergio della Pergola, tanto convincenti da aver persuaso a suo tempo Ariel Sharon a ritirare da Gaza i militari sionisti. Uno stato sionita sempre meno ebraico nella propria componente umana non potrebbe che evolversi in un unico stato non più basato sulla discriminazione etnica, a meno che il suo governo non si risolva a ripulire senza mezzi termini il paese dai milioni di abitanti non ebrei. L'appendice del volume riporta una lunga Lettera di dimissioni dal popolo ebraico di Bertell Ollman in più casi citata nel testo, ed una serie di paragrafi biblici che, secondo gli estremisti sionisti, giustificherebbero moralmente ogni comportamento di sopraffazione nei confronti dei palestinesi.

Mario Moncada di Monforte, Israele un progetto fallito- I valori dell'Ebraismo traditi da uno Stato che o sarà bi-nazionale o è senza speranza, Roma 2009, 210 pp.