Franco Zeffirelli è stato un regista gazzettescamente definito "maestro" per meriti pregressi e abbondantemente dimenticati; è passato trai più il 15 giugno 2019 a novantasei anni dopo essersi atteggiato a morituro per lo meno per tre lustri consecutivi.
Lo ha strozzato la balia, si dice sarcasticamente in questi casi a Firenze.
Nel novembre del 2002 Firenze ospitò il Social Forum europeo; giornate di assemblee, dibattiti e manifestazioni sulla globalizzazione che si chiusero con un mostruoso corteo in cui dominava la ferma contrarietà all'aggressione statunitense all'Iraq, che foriera di tanti benefici, di tanti miglioramenti e di tanti vantaggi si sarebbe rivelata negli anni a seguire.
Lo svolgimento di ogni iniziativa, in una settimana di altissima partecipazione democratica, si tenne in un ordine da caserma prussiana nonostante le gazzette avessero tentato con ogni mezzo a loro disposizione di dettare una linea politica perentoria e improntata a tutt'altro, che nei giorni e nei mesi successivi sarebbe stata oggetto di aperto dileggio in ogni sede.
Si potrebbe persino sostenere che le perduranti difficoltà degli "occidentalisti" fiorentini siano a tutt'oggi parzialmente dovute a quei giorni memorabili, in cui tanta feccia con la cravatta si guadagnò lo scherno di almeno un paio di generazioni.
Il "Corrierino della Seratina" primeggiò, in questa repellente campagna denigratoria portata avanti per mesi e mesi; in questa sede se ne è più volte dato conto.
Tra i campioni di collodio che quella gazzettina eresse a uniche interpretazioni lecite del reale (chi si azzardava a obiettare era un terrorista) si trovavano gli starnazzi di Oriana Fallaci e, nel numero del 21 ottobre 2002, la mandolinesca serqua di ciance di questo regista, pubblicata per gli stessi fini e inquadrata nello stesso contesto.
In questa sede l'ipocrisia non ha mai avuto cittadinanza. Rendiamo dunque l'onore delle armi a questo Zeffirelli riproponendo ai lettori il capo d'opera con cui sputava sulla parte più reattiva e consapevole della società contemporanea, che in molti casi non gliele mandò certo a dire.
Il testo dell'articolo è reperibile a tutt'oggi in vari siti web. Sono evidenziate a nostra cura le considerazioni più offensive.

 

"Salvate Firenze dai no-global . Mandateli tutti a Viareggio":
 
"Caro direttore, questa patata bollente del raduno dei no-global a Firenze comincia a scottare le dita a parecchia gente. Il governo ha certamente preso decisioni forti, ma il pericolo che corre una città tanto cara al cuore di ogni cittadino civile del mondo richiede misure di emergenza che potranno essere sembrate offensive al prefetto Serra. Lo possiamo capire, però: questo alto funzionario, esempio di civiltà e correttezza, è stato anche lui vittima di una diffusa speranza di poter trovare un’intesa civile con questi gruppi senza regole né leggi che oggi promettono rispetto verso la città per poi metterla, domani, a ferro e fuoco come hanno fatto dovunque si siano affacciati.
Come se non bastasse, tutto questo dovrebbe succedere in un momento storico in cui sono drammaticamente in gioco i destini del nostro pianeta. La presenza di questa folla che contiene cellule violente e bellicose (in numero «difficile da calcolare») è proprio l’ultimo problema di cui Firenze e l’Italia avevano bisogno.
Una patata bollentissima davvero. Lo avevano subito capito tutti, meno che il primo cittadino, Leonardo Domenici, e il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini. E’ stato fatto perfino un referendum in cui i tre quarti dei fiorentini hanno espresso un parere contrario. Niente da fare; i due amministratori sono stati ciechi e sordi ad ogni consiglio, illudendosi di poter tenere a bada questi gruppi tanto diversi e riportarli nel seno della comunità civile.
E allora che si può fare? Lo sgomento sta prendendo tutti, perché le idi di novembre incombono. Si pensa addirittura, con la scusa di «lavori in corso», di proteggere i tesori più esposti come si fece durante la guerra. Qualcuno dice, giustamente, che sarebbe un insulto all’immagine della nostra identità democratica. Come sarebbe un insulto anche la serrata dei negozi e delle attività commerciali minacciata dai fiorentini per i giorni del raduno. Insulto, d’accordo, ma che devono fare allora? Lasciare che questi energumeni sfascino Ponte Vecchio, via Tornabuoni, l’antico e il nuovo centro? La nostra sola consolazione sarà quella di chiamare il sindaco e il presidente della Regione a rispondere per quello che potrà succedere. Ma sarà una ben magra soddisfazione.
Io mi trovo in questi giorni a New York e ho visto con i miei occhi come è governata e difesa, e come i diritti dei cittadini siano protetti. Una questione come quella posta dai no-global non sarebbe stata neppure recepita. E in ogni caso la New York Police avrebbe saputo mostrare una grinta e un’autorità in confronto alle quali i modesti tentativi delle nostre forze dell’ordine per far rispettare le leggi sono una pallida ombra. Firenze appartiene alla cultura e alla civiltà del mondo: quelli che non la rispettano e che la minacciano dovrebbero essere presi a cinghiate, proprio come si vide fare da un padre esasperato ne I vitelloni di Fellini.
Ora lo Stato italiano fa finalmente la voce grossa, sia pure, mi sia permesso, un po’ tardivamente. Ci risulta infatti che questi vili «kamikaze» si stiano già organizzando in Toscana da un bel po’ di tempo, sparsi in ville e agriturismi del Chianti (affittati, pare, fino al primo di novembre), e che una fitta rete di appoggio in città è già pronta: tombini, rifugi di extracomunitari sicuramente di fede islamica pronti ad aiutare, e quant’altro, perché questi violenti abbiano a portata di mano i loro arnesi e i loro travestimenti. Sono fatti e informazioni precise, non pettegolezzi.
Bloccare alle frontiere i sospetti è un modo di prendere in mano la situazione, anche se non si può più nulla contro coloro che sono già arrivati. Auguriamoci che i cittadini italiani siano solidamente e consapevolmente solidali. Quelli di tutto il mondo certamente lo saranno e apprezzeranno la forza, l’intelligenza e il coraggio di questo governo che ha difeso una città che appartiene a tutto il mondo. Se poi questi «bravi ragazzi», con diversi obiettivi e strategie, vogliono ritrovarsi pacificamente insieme per capirsi, per farsi conoscere e rispettare, come molti di loro affermano, scelgano comunque un altro scenario. Che ne so? Viareggio, per esempio. È sempre in Toscana ed è strutturata e preparata caratterialmente ad ospitare e a tenere a bada un «carnevale». Ma i viareggini lo vorranno? "