Traduzione da Strategic Culture, 16 marzo 2020.
Il dottor Michael Osterholm del Centre for Infectious Disease Research presso l'Università del Minnesota ha detto nei giorni scorsi che gli USA non erano pronti per un'epidemia, e che la crisi sanitaria nelle prossime settimane peggiorerà molto. "Ora come ora stiamo affrontando la cosa come se fosse una tempesta di vento a Washington DC: si chiude tutto per un paio di giorni... ma questo è davvero l'inverno del coronavirus, e questa è la prima settimana," ha detto Osterholm.
Il presidente Trump si è dunque deciso ad abbracciare uno stoicismo laconico, venendoci a dire che quella del virus era una bufala e che non era nulla di peggio di un'influenza di stagione che sarebbe sparita con l'arrivo del caldo. Insomma, ha semplicemente incolpato i cinesi. Adesso gli ameriKKKani e gli europei, che erano tanto scettici, stanno iniziando a capire quanto il Covid-19 sia diverso da un'influenza qualsiasi.
Gli europei hanno reagito in ordine sparso, ma a parte lo Stato che occupa la penisola italiana hanno per lo più dato la precedenza a mantenere il loro PIL anche a rischio di veder collassare i loro sistemi sanitari nel momento in cui il virus raggiungerà picchi superiori alle potenzialità delle terapie intensive europee. Dal Regno Unito dicono di aver dato il via a una "fase di contenimento", ma in realtà non hanno fatto quasi nulla per impedire che il virus si propagasse tranquillamente fra la popolazione.
La Lombardia, nello stato che occupa la penisola italiana, ha un sistema sanitario di prim'ordine adesso sommerso al 200% della sua capacità, e ha messo mano a una strategia di stampo darwinistico lasciando che certi vivano o muoiano senza passare dalla terapia intensiva. Le équipe mediche delle terapie intensive i pazienti più anziani non li visiteranno neppure. I paesi europei che non hanno adottato misure che puntano a ridurre la vita sociale potranno avere di che pentirsene. Limitare la vita sociale costa, ma alla fin fine funziona. Nelle "zone rosse" della penisola italiana i contagi hanno rallentato.
Il vocabolo "contenimento" non è esatto. Contenere la diffusione di un virus è quasi impossibile, perché si diffonde nell'aria e vi rimane (si veda qui). Il virus può essere veicolato da soggetti che neppure sono consapevoli di esserne affetti. Il "contenimento" non può ad oggi fermare la diffusione del coronavirus, ma la serrata delle attività sociali può rallentarne la trasmissione e, cosa più importante, appiattirne il picco, alleviando un po' della pressione sui risicati reparti di terapia intensiva. Se non si ferma la socialità ci troveremo probabilmente assistere a un impennarsi esponenziale nei tassi di infezione nei paesi il cui governo ha fatto poco per ridurre al minimo i contatti interpersonali.
Attenzione a non sbagliare: i leader che fanno la scelta errata, considerando gli effetti del virus un'esagerazione e questa crisi un qualche cosa di passeggero per cui basta stringere i denti e atteggiarsi a stoici, ne risponderanno senz'altro politicamente.
Ora, e per quanto i riguarda i mercati tutto ad un tratto, quella che molti investitori si chiedevano se fosse una pandemia è confluita in una crisi di portata molto più ampia. Ci troviamo nell'epicentro di un grosso shock economico mondiale ancora in crescita. In realtà si tratta di tre fenomeni legati tra loro. Un sempre più diffuso blocco nei rifornimenti, il crollo del prezzo del greggio, e ora un'incipiente crisi finanziaria e di liquidità.
Importante: non è il virus ad aver causato la crisi economica. È stata la Federal Reserve a piazzare qualche tempo fa questa bomba a orologeria grazie alle sue politiche di creazione del denaro basate sul debito. La bomba è stata innescata nel 2008, con un la relativa esplosione delle bolle finanziarie. Da un certo punto di vista comunque è stato Trump che ha cominciato a premere il grilletto della crisi lanciando una competizione tra grandi potenze con la Cina.
Trump ha iniziato una guerra commerciale e tecnologica per contrastare e frenare la crescita della Cina. In questo, a per forza di cose iniziato a tagliare alle radici il sistema del commercio mondiale e delle linee di rifornimento. La Gran Bretagna tentò lo stesso gioco con la Germania prima della prima guerra mondiale, e la cosa non finì bene. Al contrario, portò a una contrazione dell'economia proprio in un momento in cui un impero esteso era più sensibile a una turbativa dei flussi commerciali.
Oggi gli USA dipendono da un massiccio incentivo al debito per il mantenimento della loro immagine di perduranti titolari dell'egemonia sull'ordine mondiale. La guerra commerciale tuttavia ha fatto diminuire le entrate e la portata dei commerci statunitensi proprio in un momento in cui l'impero USA è diventato sensibile all'impennarsi del debito e mostra tutti i segni della mezza età e del venire meno dello slancio.
Inevitabilmente, l'effetto concreto è stato quello di indebolire il commercio mondiale in un momento in cui il ciclo economico era nella sua fase finale. Nel mercato del greggio era già evidente la distruzione della domanda, le arterie dei traffici si sono sclerotizzate ben prima che l'OPEC crollasse e che scoppiasse una guerra sul prezzo del petrolio a mettere del suo per peggiorare ulteriormente la crisi dei mercati.
Ora siamo alle serrate e al terremoto nelle linee di rifornimento, grazie al virus; imprese e singoli individui che si affidino a quello che incassano per pagare i debiti devono senza dubbio alcuno affrontare una crisi dovuta all'inaridirsi dei flussi di cassa. Probabilmente assisteremo ad un effetto a cascata perché quando qualcuno non paga, la già precaria situazione finanziaria dell'altro non può che peggiorare.
Nel 2008 c'è stata una crisi, ma è stata una crisi che è rimasta confinata al sistema finanziario. All'epoca furono adottate misure di natura esclusivamente monetaria per spegnere l'incendio della crisi bancarie. Oggi le cose stanno in modo molto diverso: abbiamo una crisi nei rifornimenti, e il mondo intero aspetta che le banche centrali e le autorità trovino la maniera di uscirne e presentino una qualche soluzione.
Ecco: questa volta è diverso perché di soluzioni non ce ne sono.
Il motivo? I modelli di una Banca Centrale per la pianificazione e il controllo dell'economia sono per intero monetari: l'intervento nell'economia reale viene considerata una deviazione eretica rispetto al libero mercato. Per decenni siamo rimasti prigionieri della convinzione ideologica per cui la politica non ha in concreto, per così dire, nulla di politico.
Tutto quello cui pensiamo quando pensiamo di politica andrebbe in realtà considerato come null'altro che un regolare la macchina economica. In questo sono maestri gli esperti sul piano tecnico: banchieri, accademici, primari uomini d'affari e così via. E non è politica questa, dicono tutti: è management tecnologico.
Jim Rickards è un influente commentatore finanziario statunitense; scrive che "i modelli di equilibrio come quelli usati dalla Fed dicono che il mondo funziona come un orologio e che a volte perde l'equilibrio. Tutto quello che bisogna fare in questi casi è regolarlo, o manipolare qualche variabile per rimetterlo in equilibrio un'altra volta. È come rimettere l'ora a un orologio.... Considerano i mercati [e l'economia] come se fossero una specie di macchina. Hanno un approccio meccanicistico ottocentesco. Solo che le concezioni tradizionali che si basano su modelli statici hanno poco a che vedere con la realtà. I mercati del 21º secolo non sono macchine e non funzionano come un orologio".
A un certo punto i sistemi [economici] smettono di essere complicati... e iniziano a essere complessi. [E] la complessità spalanca la porta a eventi e guasti inattesi di ogni tipo. Il comportamento di un evento non può essere ridotto alle parti che lo compongono. In un'economia intervengono agenti di diverso tipo, interconnessi tra loro; l'elemento essenziale della complessità è però il comportamento adattivo. Succede qualcosa di inatteso, e sembra arrivato dal nulla.
A un mucchietto di sabbia -un mucchietto come un altro, si può aggiungere un qualsiasi numero di granelli di sabbia del genere. Alla fine si provocheranno la frana e il crollo del mucchietto. Più un sistema diventa complicato, più diventa instabile: l'instabilità, quando la complessità supera certi limiti, diventa una caratteristica intrinseca. Insomma, un granello in più, identico ai precedenti, diventa sufficiente per causare il crollo.
Nel nostro caso i granelli sono stati tre, rappresentati da eventi di origine esterna. Un blocco delle forniture in quasi tutta la Cina; il virus che provoca la serrata della penisola italiana così come aveva fatto chiudere le econmie asiatiche; infine, il prezzo del petrolio che crolla.
Le banche centrali non usano un approccio adeguato alla complessità. Rimangono ferme, sostiene inflessibile Rickards.
Un modello di equilibrio puramente monetario può essere una soluzione per il coronavirus? No, non può. Non si può affrontare una pandemia virale allentando le politiche monetarie.
La deflagrazione in atto ha conseguenze importanti sul piano politico. Anche l'adozione di misure fiscali può rivelarsi un'idea fuorviante: se armeggiare coi tassi di interesse non farà ripartire le fabbriche vuotate dalla pandemia, non ci riuscirà nemmeno qualche manovra fiscale di secondo ordine. Probabilmente le iniziative sul piano fiscale dreneranno le tasche dei contribuenti e salveranno imprese decotte, come l'industria statunitense per il fracking dello scisto. Più probabilmente ancora, le banche centrali si limiteranno a "creare"il denaro necessario salvataggio deprezzando e salutando ancora di più le loro monete legali.
Questa crisi ha il sapore della fine di un'epoca; contro chi e contro cosa si dirigerà il risentimento popolare quando la gente realizzerà che i politici non hanno alcun piano?
La cosa potrebbe valere in particolare per gli USA. Molti pensionati statunitensi hanno investito sul mercato i fondi per le pensioni, tramite i piani 401k. Difficilmente le sbruffonate di Trump gonfieranno di nuovo quella bolla per i pensionati ameriKKKani. Il punto che può rivelarsi esplosivo è quello della sanità. Ovviamente negli USA le terapie intensive esistono, ma solo per chi paga. Monti ameriKKKani vivono sul filo della busta paga, e anche se sono assicurati ci sono degli scoperti alti. Molti ameriKKKani non hanno né risparmi, né assicurazione sanitaria. Le vittime del virus saranno lasciate così, a morire per le strade?
Mentre l'AmeriKKKa si dirige ineluttabilmente verso un'esplosione esponenziale dei contagi, l'attrattiva per la piattaforma politica di Bernie Sanders favorevole a una "sanità per tutti" può rivelarsi irresistibile. Anche soltanto questo potrebbe rivoluzionare la politica statunitense.
In Europa una sanità pubblica esiste; Ambrose Evans-Pritchard vi intravede un dilemma di altro genere: come farà a finanziarsi lo stato che occupa la penisola italiana, con l'economia ferma (secondo il Financial Times in questo momento sta operando "al dieci per cento delle proprie potenzialità") e con la spesa sociale che esplode?
Il coronavirus può diventare la crisi che mette l'Europa in croce. Un ulteriore ciclo negativo metterebbe fuori dall'euro lo stato che occupa la penisola italiana, o portare all'adozione da parte dell'Unione Europea di una politica monetaria e fiscale davvero unita. Ma è una soluzione praticabile quella della piena unificazione fiscale adesso con l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea e con la Francia che verosimilmente si unirà alla Germania nel pretendere una macelleria sociale? E chi paga? Gli stati membri del nord sospetteranno che si stia approntando un cavallo di Troia pieno di razziatori che mirano ai loro portafogli. Il Fondo Monetario Internazionale non può farlo, e gli USA non solo sono già in deficit, ma si accingono a sprofondarvi ancora di più. Abbiamo idea che prossimamente si tratterà di una questione non da poco.
A vivere nello stato che occupa la penisola italiana, sotto serrata, si percepisce il profondo senso di sospetto con cui il vicinato accoglie le facce sconosciute. Tutti vengono temuti come portatori del virus, anche i compatrioti stessi. Ovviamente l'epidemia approfondirà ancora di più l'ostilità degli europei per l'immigrazione, già sentita come colpevole di portare malattie nella penisola italiana, e per le istanze della società aperta. Ad apparire evidente adesso è quanto nello stato che occupa la penisola italiana facciano affidamento sulla comunità, e sul sostegno della comunità locale. Quando lo stato che occupa la penisola italiana ha chiesto aiuti per combattere il virus, sottoforma di mascherine e di ventilatori polmonari, i paesi dell'Unione non hanno risposto: quei materiali servivano a loro. A rispondere all'appello è stata... la Cina.
Il coronavirus non rafforzerà lo spirito comunitario dell'Unione Europea. Anzi. In questo, lo stato che occupa la penisola italiana non è solo; come scrive un editorialista britannico, "la risposta mondiale al coronavirus indica che lo stato nazionale sta tornando". L'Unione Europea si sta rivelando ancora una volta un fallimento, quando si tratta di confrontarsi con una crisi di vasta portata.
In ultimo, il modello occidentale neoliberista e iperfinanziarizzato sopravviverà all'inevitabile fine del coronavirus? O assisteremo al ritorno di qualcosa come l'economia politica di un'economia reale? Il sentimento comune si volgerà infine verso destra alla ricerca di pratiche di governo più funzionali, o verso sinistra per un sistema meno soggetto alle disuguaglianze e meno manipolato?