Traduzione da Strategic Culture, 30 agosto 2024.
"Il successo con cui l'attacco di Hezbollah di domenica [25 agosto 2024] è stato sventato è un simbolo del vantaggio operativo e di intelligence dello stato sionista": Secondo il portavoce delle forze armate sioniste l'attacco di Hezbollah è stato in massima parte sventato grazie a cento aerei dell'aeronautica sionista che hanno operato ininterrottamente per sferrare attacchi preventivi che hanno distrutto "migliaia di lanciatori di missili".
"Il gruppo [Hezbollah] è riuscito a lanciare centinaia di razzi contro il nord dello stato sionista, ma i danni causati sono stati piuttosto limitati", hanno asserito sdegnosamente i portavoce dello stato sionista, in cui vige -all'insegna della censura completa- la totale inibizione alla pubblicazione di qualsiasi notizia sui danni causati alle infrastrutture strategiche o a siti militari. In effetti si è trattato di una sorta di recita da parte di entrambe le parti: limitando l'attacco a una ventina di minuti e a un raggio di cinque chilometri dal confine e con Hezbollah che è rimasto entro i limiti dell'iniziativa equilibrata, entrambe le parti hanno segnalato chiaramente l'una all'altra di non essere intenzionate ad arrivare alla guerra senza quartiere.
Che lo stato sionista avrebbe ostentato una narrativa vittoriosa era prevedibile, dato l'imperante clima di guerra psicologica. Ma la cosa ha un costo. Amos Harel su Haaretz suggerisce che "nello stato sionista si tende [di conseguenza] a considerare il successo nello sventare l'attacco di domenica come una ulteriore riprova del consolidamento della deterrenza regionale e della supremazia strategica occidentale. Ma una tale valutazione", ammette, "sembra essere tutt'altro che accurata".
In effetti, tutt'altro che accurata lo è di sicuro. La recita di domenica si è conclusa senza alcun cambiamento della situazione strategica nel nord dello stato sionista: il logoramento quotidiano continua da oltre la frontiera con il Libano fino al nuovo limite di quaranta chilometri che definisce l'estensione della perdita di territorio da parte dello stato sionista a favore della zona interdetta di Hezbollah.
Dal punto di vista strategico la cosa importante non è nel fatto che questa narrativa vittoriosa sul contrasto alle iniziative di Hezbollah sia molto fuorviante. Il fatto è che essa crea aspettative di successo, sul piano militare, da cui si trarranno conclusioni sbagliate. È già successo e non è finita bene.
Seymour Hersh, decano del giornalismo investigativo statunitense, questa settimana ha ripubblicato un articolo che scrisse nell'agosto 2006 su quello che si pensava negli Stati Uniti della guerra dello stato sionista contro Hezbollah e sul suo preventivato ruolo di prodromo per un successivo attacco statunitense contro l'Iran.
Quello che Hersh scrisse allora rappresenta un sorprendente déjà vu della situazione odierna ed è ancora attinente la questione, perché il pensiero neoconservatore statunitense si evolve raramente e presenta sempre gli stessi punti fermi.
"Il grande interrogativo per la nostra aeronautica militare", ha osservato Hersh nel 2006, "riguardava il come colpire con successo una serie di obiettivi difficili in Iran", ha detto un ex alto funzionario dei servizi. "Chi è l'alleato più vicino all'aeronautica statunitense nella pianificazione di questo attacco? Non è il Congo, è lo stato sionista". Il funzionario ha proseguito: "Tutti sanno che gli ingegneri iraniani hanno fornito consulenza a Hezbollah per i tunnel e le postazioni missilistiche sotterranee. E così l'USAF è andata dai sionisti presentando alcune nuove tattiche e dicendo loro: 'Concentriamoci sui bombardamenti e condividiamo quello che noi sappiamo sull'Iran e quello che voi sapete sul Libano'".
"I sionisti ci hanno detto [che quella contro Hezbollah] sarebbe stata una guerra a basso costo e dai molti vantaggi", ha detto un consulente del governo statunitense che ha stretti legami con lo stato sionista: "Perché opporsi? Saremo in grado di scovare e bombardare missili, tunnel e bunker dall'aria. Per l'Iran sarebbe una dimostrazione".
"Quel consulente mi ha detto che i sionisti hanno ripetutamente indicato la guerra in Kosovo come esempio di ciò che lo stato sionista avrebbe cercato di ottenere. "Le forze della NATO... bombardarono e bombardarono metodicamente non solo obiettivi militari, ma anche tunnel, ponti e strade, in Kosovo e altrove in Serbia, per settantotto giorni... lo stato sionista studiò la guerra del Kosovo come se fosse un modello... I sionisti dissero a Condi Rice: Voi l'avete fatto in circa settanta giorni, ma a noi ne servono la metà -trentacinque giorni- per finirla con Hezbollah"".
"La Casa Bianca della presidenza Bush", ha detto un consulente del Pentagono, "si sta dando da fare da tempo per trovare un motivo per attaccare preventivamente Hezbollah"; ha aggiunto che: "Era nostra intenzione indebolire Hezbollah, e ora lo sta facendo qualcun altro... Secondo un esperto di Medio Oriente che conosce l'attuale orientamento del governo sionista e di quello statunitense, lo stato sionista aveva elaborato un piano per attaccare Hezbollah e lo aveva condiviso con i funzionari dell'Amministrazione Bush ben prima dei rapimenti del 12 luglio [2006]: "Non che lo stato sionista avesse preparato una trappola e che Hezbollah vi sia caduto", ha detto, "ma alla Casa Bianca si aveva la forte sensazione che prima o poi i sionisti avrebbero attaccato", ha scritto Hersh.
"La Casa Bianca era in prevalenza concentrata sul privare Hezbollah dei suoi missili, perché se si fosse deciso di procedere militarmente contro le strutture nucleari iraniane si dovevano innanzitutto togliere di mezzo le armi che Hezbollah avrebbe potuto usare in una potenziale rappresaglia contro stato sionista. Bush voleva entrambe le cose", fu riferito a Hersh.
"L'amministrazione Bush era strettamente coinvolta nella pianificazione degli attacchi di rappresaglia dello stato sionista. Il presidente Bush e il vicepresidente Dick Cheney erano convinti... che un'efficace campagna di bombardamenti dell'aviazione sionista contro i complessi sotterranei di missili e di comando e controllo di Hezbollah in Libano -che erano pesantemente fortificati- avrebbe potuto alleviare le preoccupazioni dello stato sionista in materia di sicurezza e fungere da preludio a un potenziale attacco preventivo ameriKKKano per distruggere le installazioni nucleari iraniane, alcune delle quali sono anch'esse realizzate in profondità".
Un ex ufficiale dell'intelligence ha dichiarato: "Abbiamo detto allo stato sionista: 'Sentite, se proprio lo dovete fare, noi saremo con voi fino in fondo'".
"Nonostante questo alcuni funzionari in servizio presso gli Stati Maggiori Riuniti erano profondamente preoccupati che l'Amministrazione avesse una valutazione della campagna aerea molto più positiva del dovuto", ha dichiarato l'ex alto funzionario dei servizi. "Non c'è modo che Rumsfeld e Cheney traggano conclusioni corrette", ha detto. "Quando il fumo si diraderà, diranno che è stato un successo e concluderanno che si tratta di un incentivo per il loro piano di attacco contro l'Iran".
"Dal punto di vista militare il concetto di bombardamento strategico è fallimentare da novant'anni, eppure le forze aeree di tutto il mondo continuano a praticarlo", ha detto a [Hersh] John Arquilla, analista della difesa presso la Naval Postgraduate School... Anche Rumsfeld [condivideva la poco entusiasta opinione di questo esperto]: "Il potenziale aereo e l'uso di alcune forze speciali avevano funzionato in Afghanistan, e lui [Rumsfeld] aveva cercato di fare la stessa cosa in Iraq. L'idea era la stessa, ma in Iraq non aveva funzionato. Rumsfeld pensava che Hezbollah fosse troppo trincerato e che il piano d'attacco dello stato sionista non avrebbe funzionato; l'ultima cosa che voleva era un'altra guerra, che avrebbe messo le forze statunitensi in Iraq in ancora maggiori pericoli proprio durante il suo mandato".