Traduzione da
Strategic Culture, 23 settembre 2024.


"Da oggi [dal giorno delle esplosioni simultanee dei cercapersone] di accordi e soluzioni non è più il caso di parlare", scrive Ibrahim Amine redattore di Al-Akhbar noto per i suoi stretti contatti con la leadership di Hezbollah: "In un solo minuto il nemico è riuscito a sferrare un colpo durissimo al corpo della Resistenza islamica... [Inoltre] con l'operazione di ieri, il nemico ha confermato di non voler rispettare le regole di ingaggio. Si sono dunque aperte le porte di una guerra senza limiti, tetti e confini? Da oggi in poi il nemico sionista non farà più distinzione tra un combattente che opera al fronte e un individuo che lavora in un ufficio lontano", ha osservato Amine.
Nel corso dell'ultimo anno sia lo stato sionista che Hezbollah hanno evitato una escalation grave osservando regole di ingaggio non scritte o taciti accordi tra le parti, come quello di non prendere di mira i civili. Ora tutto questo non esiste più.
Nel suo primo discorso dopo le esplosioni di martedì e mercoledì il leader di Hezbollah Sayed Nasrallah ha ammesso che il suo gruppo ha "subito un duro e crudele colpo". Ha accusato lo stato sionista di aver violato "tutte le convenzioni e le leggi" e ha detto che "dovrà affrontare una giusta punizione e un'amara resa dei conti". Ma non ha descritto come Hezbollah potrebbe vendicarsi, "né ha accennato al momento, al modo o al luogo" in cui ciò avverrà.
Nasrallah ha avvertito:

“Il nemico dichiara come suo obiettivo ufficiale il ritorno dei coloni al Nord. Noi accettiamo la sfida: al nord non tornerete. Anzi, faremo fuggire altri sionisti dalle loro case. Speriamo che lo stato sionista entri in Libano, stiamo aspettando giorno e notte i suoi carri armati per dar loro il benvenuto".
Queste considerazioni hanno un senso. Fin dall'inizio, Hezbollah si è configurato militarmente più per una guerra totale con lo stato sionista che per una guerra calibrata e limitata, che non ha mai corrisposto al meglio con i punti di forza di Hezbollah.
È chiaro che la guerra è entrata in una nuova fase; per sottolineare questo punto giovedì sera dopo il discorso di Nasrallah Hezbollah ha dato il via a uno dei suoi più pesanti attacchi contro lo stato sionista. Il Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin avrebbe informato i leader del Congresso la sera stessa del timore di un'imminente offensiva israeliana in Libano.
La valutazione di Nasrallah sul fatto che una guerra sia imminente è pienamente condivisa da almeno alcuni alti comandanti militari sionisti, anche se non da tutti. Molti sono convinti che la guerra con Hezbollah potrebbe ingrandirsi fino a diventare una guerra regionale e portare al collasso dello stato sionista.
Insomma, "Non si fa una cosa del genere, non si colpiscono migliaia di persone pensando che la guerra non ci sarà", ha detto il brigadiere generale a riposo Amir Avivi, che guida lo Israel Defence and Security Forum, un gruppo di ex comandanti militari falchi. "Perché non lo abbiamo fatto per undici mesi? Perché non eravamo ancora disposti a entrare in guerra. E adesso? Adesso lo stato sionista è pronto alla guerra". "C'è molta pressione da parte della società per andare in guerra e vincerla", ha detto Avivi. "A meno che Hezbollah domani mattina non dica: 'D'accordo, messaggio ricevuto. Ci ritiriamo dal sud del Libano' la guerra è imminente".
Un sondaggio condotto a fine agosto dallo Israel Democracy Institute, un think tank di Gerusalemme, ha rilevato che il 67% degli intervistati ebrei ritiene che lo stato sionista debba reagire con più forza nei confronti di Hezbollah. Tra questi, il 46% ritiene che lo stato sionista debba lanciare un'offensiva in profondità colpendo le infrastrutture libanesi, mentre il 21% vuole una dura risposta diretta soltanto contro le infrastrutture di Hezbollah.
Le osservazioni del generale Avivi riflettono probabilmente una realtà di fondo che è diventata fin troppo chiara: Amos Hochstein, l'inviato statunitense, non è riuscito a ottenere alcun progresso "diplomatico" per quanto riguarda il ritiro di Hezbollah dal sud del Libano. Al tempo stesso i funzionari statunitensi (secondo il WSJ) ammettono ora che un cessate il fuoco a Gaza, per Biden, è "fuori portata" e che allo stesso modo il logorante confronto militare dello stato sionista al confine meridionale del Libano che ha portato allo sfollamento dell'80% dei suoi abitanti non ha ottenuto alcun risultato. Anche i residenti nel nord dello stato sionista rimangono degli sfollati.
Sembra quindi che lo stato sionista si sia avviato verso un conflitto di più ampia portata. Un anticipo lo si è già avuto: Il 17 settembre gli Houthi hanno lanciato un missile contro un obiettivo vicino all'aeroporto Ben Gurion. Il missile ha percorso 1300 miglia in meno di 12 minuti, ovvero ha volato a velocità ipersonica avvicinandosi a Mach 9 -irraggiungibile per le difese antiaeree- e ha colpito il suo obiettivo.
È probabile che vedremo volare altri missili ipersonici di questo tipo -immuni alle difese antiaeree- se la guerra dovesse aggravarsi e se l'Iran dovesse intervenire.
Come spesso succede nei conflitti, la cosa paradossale è che l'operazione dei cercapersone esplosivi è stata apparentemente del tutto fortuita per quanto riguarda i tempi. Non è stata pianificata specificamente per portare lo stato sionista in una nuova fase del conflitto libanese:
Fonti altolocate di alcuni servizi di intelligence regionali hanno riferito ad Al-Monitor che la decisione di effettuare l'operazione è stata 'imposta' allo stato sionista da un errore dei suoi stessi servizi... Il piano originale dell'esercito sionista era di far esplodere gli ordigni nel caso di una guerra totale con Hezbollah per conseguire un vantaggio strategico, non quello di farli esplodere martedì", hanno aggiunto le fonti. Tuttavia, i sospetti di almeno due membri di Hezbollah hanno indotto gli ambienti dei servizi sionisti ad accettare che il piano scattasse in anticipo. Dopo che diversi giorni fa un membro di Hezbollah in Libano ha sospettato che ci fosse qualcosa che non andava con i cercapersone - ed è stato ucciso, hanno riferito le fonti... [ il piano è stato] infine fatto scattare. La successiva decisione di far esplodere le ricetrasmittenti sarebbe stata dettata dal fatto che ci si aspettava che dopo le esplosioni dei cercapersone Hezbollah avrebbe diffidato delle radio.
Tra poche settimane le condizioni meteorologiche sarebbero cambiate, limitando -o addirittura bloccando- le operazioni aeree. Lo stato sionista si è trovato a dover scegliere tra due strade alternative: dare il via a un'operazione entro poco tempo, o aspettare la prossima primavera per aumentare la pressione su Hezbollah affinché cambi le proprie allocazioni. Nello stato sionista tuttavia la situazione politica si preannuncia estremamente incerta: a dicembre riprenderanno per Netanyahu le udienze in tribunale.
Il fatto che un appartenente a Hezbollah inziasse a sospettare dei cercapersone non era previsto e ha cambiato le carte in tavola, facendo alzare il livello dello scontro.
Non sorprende che nello stato sionista si pensi che l'operazione dei cercapersone abbia inferto un duro colpo al sistema di comunicazione di Hezbollah, tale da paralizzare le capacità militari del movimento e da offrire allo stato sionista l'intervallo di tempo necessario a invadere via terra il sud del Libano per stabilirvi una "zona cuscinetto" che potrebbe facilitare il ritorno degli abitanti nel nord dello stato sionista. Nasrallah promette il contrario: dalle loro case nel nord dello stato sionista dovranno sfollare altri abitanti ancora.
L'idea che le comunicazioni di Hezbollah siano rimaste paralizzate è velleitaria e non riesce a distinguere tra quella che può essere definita la società civile di Hezbollah e il suo braccio militare.
Hezbollah è un movimento civile, oltre che una potenza militare. Esso rappresenta l'autorità per un settore significativo della popolazione di Beirut e del Paese, e questo costituisce una responsabilità che impone al Movimento di garantire l'ordine civile e la sicurezza. I cercapersone e le radio erano in dotazione principalmente dalle sue forze di sicurezza civile -di fatto una polizia civile che gestisce la sicurezza e l'ordine nelle zone del Libano controllate da Hezbollah- oltre che dai suoi reparti logistici e di supporto. Dal momento che questo personale non è costituito da forze combattenti, non si riteneva che avesse bisogno di sistemi di comunicazione davvero sicuri.
Già prima della guerra del 2006 Hezbollah aveva eliminato tutte le comunicazioni via cellulare e via linea fissa, usando invece un proprio sistema dedicato a fibra ottica e una rete di portaordini destinati ai quadri militari. In breve, le comunicazioni di Hezbollah a livello civile hanno subito un duro colpo, ma questo non avrà un impatto eccessivo sulle sue forze militari. Per anni il Movimento ha operato secondo il criterio per cui le sue unità avrebbero potuto continuare a combattere anche in caso di interruzione completa delle comunicazioni ottiche o di perdita di un quartier generale.
Cosa succederà adesso? Ci sono diversi scenari possibili. In sostanza, Netanyahu adesso si sente più tranquillo. Al discorso degli ostaggi è stata messa la sordina e i piani per l'espulsione calibrata e senza chiasso della popolazione palestinese stanno andando avanti sotto la supervisione dei ministri Ben Gvir, Smotrich e altri della destra. Il Ministro della Difesa Gallant ha persino dichiarato la "vittoria" militare a Gaza.
Sembra anche che lo stesso Gallant si sia piegato all'inevitabile. Netanyahu, a quanto pare, l'ha avuta vinta per quanto riguarda l'escalation contro Hezbollah aggirando le obiezioni di Gallant e degli alti ufficiali delle forze armate senza dover licenziare il popolare Gallant da ministro della Difesa e senza dover accogliere nel suo governo il problematico Gideon Saar.
Il ministro della Difesa Gallant, il capo delle forze armate Halevi e altri funzionari militari hanno rilasciato mercoledì sera delle dichiarazioni che sembravano suggerire che si stesse preparando una guerra totale contro Hezbollah, poche ore dopo l'ondata di esplosioni dei dispositivi di comunicazione in tutto il Libano.
Dal punto di vista di Netanyahu, gli Stati Uniti -per quanto a malincuore- sono impegnati a sostenere stato sionista in questa guerra e anche in un conflitto di più ampia portata nel caso l'Iran dovesse entrare nella mischia. Gli Stati Uniti hanno fatto capire che il loro sostegno non è a tempo indeterminato, ma Netanyahu probabilmente conta sul fatto che il loro impegno si intensificherà ineluttabilmente con l'evolversi degli eventi lasciandoli ulteriormente incastrati. In ogni caso gli ambienti vicini al potere che sostengono lo stato sionista non accetterebbero mai la prospettiva di lasciarlo a se stesso mentre si trova in pericolo. A giudicare dalle dichiarazioni dello stato sionista l'idea prevalente è che Hezbollah si vendicherà, ma che lo farà in modo diverso da come ha risposto fino a oggi. Si accontenterà di reagire in modo limitato? Questo non è chiaro. Ma qualsiasi cosa faccia potrebbe portare a uno scambio di bordate che a sua volta farà precipitare la situazione verso una guerra vera e propria.
Alti funzionari delle forze armate sioniste e di altri settori negli ambienti della sicurezza si esprimono deplorando apertamente "le mosse sconsiderate che il loro governo è intenzionato a compiere a nord". Da un lato, queste mosse comportano il molto concreto rischio molto di far deflagrare un conflitto generale non solo al confine con il Libano, ma nell'intera regione; dall'altro, non promettono una soluzione che permetta agli abitanti del nord di tornare alle loro case, né la liberazione degli ostaggi a Gaza.