Gennaio 2010. A Firenze uno dei tratti di maggiore "originalità" della campagna elettorale per le elezioni regionali è rappresentato, tanto per cambiare, dalle affannose garanzie di tutela della sihurezza e del costante impegno nella lotta a i'ddegrado inteso come accanimento contro i poveri e contro chiunque non abbia in regola le carte per le quali ogni comportamento esuli dalla sfera del consumo viene considerato terrorismo tout court; il tutto condito da una concezione di "libertà" che in tempi più normali sarebbe stata definita, con assai maggiore realismo, "adesione agli interessi amriki". La sifilide dei "valori occidentalisti" così bene incarnati ha finalmente contagiato anche il piddì senza la elle, che si impegna in una parodistica imitazione della sifilide "occidentale" teoricamente rappresentata dalle sue presunte controparti.

La realtà toscana in generale e fiorentina in particolare sembrava aver poco risentito, fino ad oggi, della "occidentalizzazione" e del conseguente insozzamento anche morale della vita politica peninsulare. Risultati elettorali alla mano, in Toscana e a Firenze dovrebbero predominare, nelle istituzioni locali, partiti, liste ed individui portatori di tutt'altra concezione del mondo.
Non sempre è così. Anzi.
Negli ultimi anni e senza che nessuno ricordasse loro chi li aveva messi a scaldare una poltrona e perché, molti eletti dal background politico e dal sostegno elettorale teoricamente collocati a distanze siderali dall'"occidentalismo" d'accatto che sta trasformando la penisola in un carcere amriki si sono esibiti in comportamenti che susciterebbero il plauso del Gigi di Viganello[1]. La frequenza di queste alzate d'ingegno aumenta, eloquentemente, in prossimità delle scadenze elettorali. In una sola settimana dobbiamo registrarne due, particolarmente significative.

La prima è data dalla solerzia con cui Gianni Gianassi sindaco di Sesto -un comune dello hinterland fiorentino- sta cercando di spazzare sotto il tappeto i mustad'afin su cui può accanirsi. Sul territorio comunale esisteva un insediamento di disperati che avevano alzato abituri e giacigli sul sito di una delle tantissime fabbriche dismesse perfetto indice di un'economia sempre più aleatoria e terziarizzata (per usare un eufemismo). Gianassi li ha messi in mezzo di strada dalla sera alla mattina destando le ire di gente che non conta nulla, che lavora, e che per la pornografia quotidiana incarnata dalla politica "istituzionale" ostenta il disprezzo sarcastico che è giusto ostentare a fronte di una parata di lunari indossatori di cravatte che negli ultimi mesi si sono fatti notare essenzialmente per questioni vitali come l'erezione di un pallonaio nuovo o la manutenzione di un pallonaio vecchio. Bene, per trovare un tetto alle persone sgomberate, che davano problemi solo alla presentabilità elettorale di gente in via di completa "occidentalizzazione" e che erano sostanzialmente colpevoli di ostinarsi a rimanere in vita, la Firenze che non conta ha fatto come al solito dei mezzi miracoli. Gianassi mostra da anni i denti anche alle centinaia di persone che si sono insediate in un ospedale dismesso, del quale soltanto ad occupazione avvenuta (come al solito) sono emersi i problemi che lo renderebbero inabitabile.

La seconda è invece un'iniziativa del sindaco fiorentino Matteo Renzi, che durante un viaggio di rappresentanza in AmeriKKKa si sarebbe accordato nientemeno che con la fondazione Soros per ospitare in città i "blogger dissidenti". Nel corso degli ultimi anni il ricorso a presunti blogger presuntamente dissidenti è stato frequente nelle operazioni yankee di regime change: roba che ha poco a che fare con la "democrazia" e molto a che fare con gli interessi economici degli statunitensi.
La gazzetta che riporta la notizia cita esplicitamente la "rivoluzione delle rose" georgiana.
La "rivoluzione delle rose" per un paio d'anni ha allagato la Georgia di aiuti economici, permettendo all'apprendista stregone Saakhasvili di rimettere in moto l'economia della capitale, di americanizzare la comunicazione politica e l'immagine pubblica del paese, e soprattutto di armare pesantemente il proprio esercito. Pochi mesi prima che la presidenza dell'ubriacone Bush arrivasse al termine Saakhasvili, arcisicuro del sostegno internazionale ed europeista convintissimo -la Georgia gronda bandiere della UE, come se il solo esporle numerose garantisse di fatto l'appartenenza ad un'organizzazione transnazionale la cui stabilità è obiettivamente oggetto di invidia per tutti i paesi confinanti- ha tentato di chiudere i conti con la pluridecennale secessione dell'Ossezia meridionale. A secessione stroncata, secondo lui, la strada per la NATO e per la UE sarebbe stata aperta.
Il mondo però è cambiato parecchio alla svelta, forse più alla svelta di quanto Misha deisderasse. La reazione russa è stata immediata e perentoria ed il comportamento dei georgiani sul campo ha dimostrato che mimetiche nuove e radar israeliani non bastano a garantire l'impunità di certe idiozie. La "rivoluzione delle rose" ha avuto come coronamento una ritirata simile ad uno sciopero militare e la cattura da parte dei russi di quantità enormi di armamenti e materiali; l'esercito georgiano si è chiuso a riccio su Tbilisi e nulla avrebbe impedito ai russi di arrivare con tutta calma fino al confine turco e di far sfilare Saakhasvili sulla Piazza Rossa insieme al resto delle prede belliche.
Ecco, c'è sinceramente da chiedersi per quale motivo Firenze dovrebbe ospitare manovalanza telematica dedita a roba di questo genere.

Il candidato "democratico" alla scràna di governatore è un certo Enrico Rossi, responsabile fino ad oggi di un sistema sanitario contro il quale la stampa "occidentalista" si è accanita con particolare incompetenza, fino ad appoggiare una laida battaglietta finita peggio di male. Un'occhiata all'articolo linkato illusterà anche che cosa si nasconde spesso dietro il "democratismo" della "libera stampa" e dei sondaggi d'opinione.
La propaganda elettorale di Rossi recita testualmente "Bianchi, gialli, neri, nessuno in Toscana deve morire di fame o di freddo". Sarà il caso che qualcuno vada a ricordare a Gianni Gianassi che imitare il piglio "occidentalista" nei confronti di certe questioni non è il miglior modo di contribuire a questo obiettivo. E che qualcun altro faccia presente a Matteo Renzi che ospitare in città individui attivamente dediti alla causa di un paese che nell'ingiustizia sociale ha da sempre uno dei propri pilastri è la maniera di fare anche di peggio.

[1] Gigi di Viganello. Personaggio che suppongo immaginario (ma non escludo una "macchietta" di quartiere realmente conosciuta dall'inventore dell'espressione), nominato per indicare il Ticinese qualunque, l'uomo della strada, il comune cittadino, il signor Rossi ticinese: "Parla e scrive come il Gigi di Viganello (il presidente della Lega Giuliano Bignasca, ndr) e proprio per questo tanti Gigi lo votano" (Tioblog.ch ); "Chiedete al Gigi di Viganello, o all'Orlando di Gnosca, chi sono, in Ticino, gli spacciatori di stupefacenti: 'gli asilanti africani', vi risponderebbero. Elementare Watson!" (Area7.ch). Altre volte è anche sinonimo di signor Rossi un po' ritardato: "lo sa anche il Gigi di Viganello" è espressione ormai corrente per dire "lo sanno proprio tutti", "lo sa anche l'ultimo sprovveduto". Mi pare di aver sentito questa locuzione per la prima volta sulla bocca del defunto consigliere nazionale PLR Massimo Pini (1936-2003), prima ancora che se ne appropriasse il presidente leghista Giuliano Bignasca. Non so se sia una sua invenzione rimasta nella lingua o se fosse già in uso. Per il lettore italiano: Viganello è un sobborgo di Lugano, un tempo comune autonomo, oggi incorporato nel nuovo grande comune di Lugano.
Risultati Google. A volte nei testi anche in dialetto: Gigi da Viganell. (fonte: elvetismi)