Si coglie l'occasione per redarre, partendo da poche pagine web, una biografia di un combattente sudtirolese.
Südtirol ist nicht Italien, ünd Tirol-patrioten sind keine nazi-idioten!
Il combattente per la libertà del Tirolo
Sepp Kerschbaumer
nato a Frangart il 9 Novembre 1913
travolto dalla sofferenza
per il giogo della dominazione politica
sulla terra e sul popolo
della nostra patria sudtirolese
morì il 7 Dicembre 1964
nel carcere di Verona.
La lega patriottica sudtirolese
Sepp Kerschbaumer
nato a Frangart il 9 Novembre 1913
travolto dalla sofferenza
per il giogo della dominazione politica
sulla terra e sul popolo
della nostra patria sudtirolese
morì il 7 Dicembre 1964
nel carcere di Verona.
La lega patriottica sudtirolese
[Lapide a Frangart]
Sepp Kerschbaumer nacque nel 1913 a Frangart, oggi frazione di Eppan an der Weinstraße, il 9 novembre 1913.
Il padre Josef rimase ucciso in guerra nel 1917; la madre Luise lo lasciò orfano a nove anni.
Ricevette la sua educazione dapprima al Rainerum, l'istituto salesiano di Bozen, poi presso l'abbazia di Neustift ed infine, dopo aver assunto la gestione del negozio di famiglia, riuscì a concludere la scuola di preparazione alla professione di commerciante nel 1927 a Brixen. Nel 1933 prestò servizio militare per lo stato che occupa la penisola italiana, che lo ringraziò confinandolo l'anno successivo e per i due anni a seguire nei pressi di Potenza, insieme ad una cinquantina di altri sudtirolesi.
Un condono gli permise di tornare a Frangart nel 1935.
Nel 1936 si sposò con Maria Spitaler: dal matrimonio nacquero sei figli, l'ultimo dei quali nel 1957.
Quando le Südtiroler Umsiedlung misero i sudtirolesi davanti alla scelta tra la prospettiva dell'assimilazione forzata e l'emigrazione, Kerschbaumer scelse quest'ultima, come gran parte dei sudtirolesi di lingua tedesca. Come gran parte dei sudtirolesi di lingua tedesca, fece ritorno già durante la guerra, dopo aver compreso che dal Reich non c'era da aspettarsi grandi aiuti; i due anni dell'annessione tedesca del Südtirol li trascorse da richiamato nel Polizeiregiment Bozen.
La tendenza comune nella penisola italiana è a tutt'oggi quella di accomunare tout court a nazionalsocialisti gli attivisti ed i combattenti sudtirolesi; l'aver militato nella Wehrmacht, sia pure da richiamati tra anziani riservisti, è uno dei fatti portati comunemente a prova di questa conclusione. Come si vedrà la biografia di Kerschbaumer presenta numerosi dati di fatto, a cominciare dalla sua indiscussa professione di fede per finire al suo reciso rifiuto di spargere sangue, che non rendono la sua pratica politica compatibile con un'ideologia fondata sulla superiorità razziale e sull'eliminazione fisica di ogni avversario.
A Frangart si iscrisse nel dopoguerra alla Südtiroler Volkspartei (SVP) ed iniziò a darsi alla politica tanto attivamente da considerare questa attività secondaria soltanto al lavoro. Sembra che il poco tempo che gli rimaneva per la famiglia e la sua estrema generosità con quanti si trovavano in condizioni di bisogno siano a volte stati motivo di contrasti con la moglie.
Per tutta la vita Sepp Kerschbaumer si comportò da cattolico osservante. Ogni mattina alle cinque si recava ad una funzione religiosa a Bozen e durante la detenzione recitò spessissimo il rosario. Di abitudini spartane e severo anche con se stesso, trasformò la propria autodisciplina e la propria morigeratezza (non beveva alcool) in armi di lotta, quando cominciò a sostenere le proprie richieste politiche con lo sciopero della fame.
All'inizio degli anni '50, stanco delle posizioni concilianti assunte dal partito, Kerschbaumer iniziò dunque a concepire quello che sarebbe diventato il Befreiungsausschuss Südtirol (BAS), il Comitato per la Liberazione del Südtirol, di cui fu cofondatore nel 1956.
Nel 1957 Giuseppe Togni, all'epoca ministro dei lavori pubblici per lo stato che occupa la penisola italiana, avvertì per telegramma il borgomastro di Bozen che in città sarebbe sorto un nuovo quartiere da cinquemila persone.
La notizia fu accolta da imponenti manifestazioni popolari che culminarono in quella del 17 novembre 1957 a Schloss Sigmundskron cui parteciparono trentamila persone. In quell'occasione Silvius Magnago coniò lo slogan los von Trient, che sostituì un los von Rom allora in uso. In quell'occasione Kerschbaumer distribuì volantini che inneggiavano alla libertà del Südtirol; sempre a differenza di quanto correntemente ritenuto, in quegli anni il BAS identificava i propri nemici nelle istituzioni, e non nei sudditi dello stato che occupa la penisola italiana. A Bozen fu organizzata una contromanifestazione, durante la quale furono lanciati slogan che paragonavano i sudtirolesi ai maiali: passano i decenni ma lo stile della comunicazione politica "occidentalista" resta inconfondibile e riesce in ogni occasione a non smentire se stesso.
Le azioni del BAS furono dapprincipio del tutto incruente. Kerschbaumer appendeva drappi con il rosso ed il bianco della bandiera sudtirolese a piloni della luce ed altri arredi urbani: una volta fu sorpreso e punito con dieci giorni di carcere. Reagì con il primo sciopero della fame. Non era giusto che ai comunisti venisse permesso di esporre ovunque le loro bandiere, e che questo fosse vietato ai sudtirolesi.
Un'altra occasione in cui Sepp Kerschbaumer si adoperò molto per la causa fu quella del processo di Pfunderer, nel 1958; la notte di ferragosto del 1956 un gruppo di giovani sudtirolesi era venuto a diverbio con due gendarmi, ne era nata una rissa ed uno dei gendarmi era stato poi trovato morto nel letto di un torrente. Otto accusati ricevettero dapprincipio pene pesantissime in un procedimento talmente irto di vizi procedurali e di forma (ai sudtirolesi fu tra l'altro negato il permesso di servirsi di un interprete giurato) che nel 1960 fu la Repubblica Federale Austriaca a portare il caso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che dichiarò il ricorso parzialmente ricevibile; nell'ultimo grado del processo le pene per i condannati furono sensibilmente ridotte.
Le celebrazioni per Andreas Hofer del 1959 si tennero in un'atmosfera resa pesante dal divieto di manifestare. A Bozen avrebbe dovuto svolgersi l'inaugurazione di un monumento al combattente tirolese Peter Mayr, che dietro il duomo di Bozen era stato fucilato nel 1810. Un carosello delle jeep inviate dalla gendarmeria causò un ferito.
Tra il 1959 ed il 1960 Sepp Kerschbaumer giunse per gradi alla conclusione che i giri di conferenze e le azioni di propaganda avevano portato a risultati molto deludenti: la politica dello stato che oltre ad occupare la penisola italiana occupava anche il Südtirol non ne aveva subìto alcuna influenza. Lo spirito comunitario del BAS ed i contatti con ambienti austriaci resero possibile far arrivare in Südtirol dalle tre alle quattro tonnellate di esplosivo, ma con l'alzarsi del livello dello scontro si acuirono anche le tensioni interne al BAS e quelle con i simpatizzanti austriaci di recente acquisizione. Sepp Kerschbaumer, il suo rifiuto ad uccidere e la sua idea di una guerriglia fondata su atti dimostrativi entrarono in aperta collisione con quanti, come il tirolese austriaco Wolfgang Pfaundler, avevano idee ben più recise su come alzare il livello dello scontro. Almeno fino al suo arresto, avvenuto dopo la "notte dei fuochi" del 1961, fu comunque la linea di Kerschbaumer a prevalere.
E proprio secondo la linea di Kerschbaumer nel 1961 furono compiuti vari gesti dimostrativi, sui quali vigeva il tassativo ordine di evitare vittime. Il monumento al Genio del Fascismo di Waidbruck salta in aria, e fino all'estate altre azioni simili contro i simboli di quella che viene considerati a tutti gli effetti un'autorità di occupazione avvengono a Tramin, Schlanders e Marling. Il 1º febbraio una carica ad alto potenziale danneggia gravemente la casa di Ettore Tolomei a Montan; l'obiettivo simbolico è di particolare rilevanza perché Tolomei, scomparso nel 1952, era stato tra le altre cose l'ideatore della toponomastica attraverso la quale passava la divorante operazione di alienazione culturale inscenata dagli occupanti.
La gendarmeria risponde con perquisizioni e qualche arresto.
Con la Feuernacht del dodici giugno gli atti dimostrativi del BAS toccano il loro punto più alto, con la mobilitazione di decine e decine di attivisti. Più di trenta piloni dell'alta tensione vengono fatti saltare con il plastico nel tentativo di interrompere la fornitura di corrente elettrica alla città di Bozen, percepita come il centro di irradiazione delle politiche colonialiste dell'occupante, e soprattutto alla sua zona industriale.
La data non è casuale: quell'anno era la ricorrenza della festa, particolarmente sentita dai patrioti sudtirolesi, del Sacro Cuore di Gesù. Una ricorrenza che prevede l'accensione di fuochi veri e propri su crinali e vette, in ricordo di quanto fatto nel 1796 dai combattenti antinapoleonici di Hofer, che le autorità occupanti avevano vietato negli anni Trenta.
Il tentativo non riesce, complice anche la poca dimestichezza con il plastico della maggior parte di quella che era gente umile e per nulla intenzionata a spargere sangue; il morto finì per esserci comunque, nella persona dell'anziano cantoniere Giovanni Postal, che morì tentando di disinnescare uno degli ordigni.
Un mese dopo, nella Kleine Feuernacht saltano altri otto tralicci.
La gendarmeria mette le mani su un certo Steiner, nella cui automobile vengono trovati esplosivi, ed attraverso di lui arriva ad arrestare anche Kerschbaumer insieme a decine di altri attivisti.
Nella caserma di Eppan, Sepp Kerschbaumer trascorse sedici ore consecutive immobile con le mani alzate.
In carcere in attesa di processo, trascorreva la giornata pregando. Per i compagni Höfler e Gostner, morti in stato di detenzione in circostanze tutt'altro che chiare nel breve arco di due mesi (almeno Gostner gli avrebbe confidato di persona di pesanti maltrattamenti subiti) arrivò a recitare otto corone di rosario in una sola giornata.
I tre anni di detenzione preventiva li trascorse prima a Verona, poi a Venezia, poi ancora a Verona, lavorando fino al giorno in cui perse quattro dita di una mano sotto un torchio. Sopportò l'incidente con la fede che gli era propria.
Nella ricorrenza del Sacro Cuore del 1962 appese all'inferriata della propria cella un fazzoletto bianco ed uno rosso, cosa che il quotidiano "Alto Adige" non mancò di rimarcare.
Finalmente il processo fu fissato e celebrato a Milano a partire dall'estate del 1964, e riguardò oltre novanta imputati, sessantotto dei quali sudtirolesi. Kerschbaumer, cui vennero anche meno alcuni testimoni a difesa, ammise ogni addebito ed affermò di aver agito per motivi politici: "Wir wollten die Landesautonomie".
Nel luglio 1964 in primo grado otto imputati ricevettero condanne superiori ai quindici anni. Le motivazioni della sentenza furono pubblicate a novembre.
Sepp Kerschbaumer, per il quale ne erano stati chiesti ventiquattro per attentato alla Costituzione, cospirazione politica e distruzione di edifici, fu condannato a quindici anni ed undici mesi.
La sua vicenda processuale si chiuse qui. Il 7 o l'8 dicembre 1964 Sepp Kerschbaumer morì di attacco cardiaco nel carcere di Verona. Aveva cinquantun anni e la sua morte sollevò ovviamente più di un dubbio, anche perché in molte lettere aveva tentato di denunciare il durissimo trattamento riservato ai prigionieri sudtirolesi. L'autopsia eseguita da un medico sudtirolese confermò l'effettiva presenza di problemi cardiaci.
I suoi funerali furono seguiti a Frangart da migliaia di persone.
Con Sepp in stato di detenzione, e più che mai dopo la sua morte, il movimento che aveva contribuito a fondare smise di attaccare i simboli ed iniziò ad uccidere persone, adottando una pratica politica con cui secondo ogni evidenza Kerschbaumer non volle avere, in tutta la sua vita di militante, nulla a che fare.
Ancora quarant'anni dopo un annuncio pubblicato sul "Dolomiten" invitava i sudtirolesi ad una funzione religiosa in memoria di Kerschbaumer e dei caduti per la libertà e l'autodeterminazione del loro paese.
"Non è sufficiente avere una bandiera; c'è bisogno di uomini che se ne rivestano.
Non è sufficiente conoscere la verità: c'è bisogno di uomini che la proclamino.
Non bastano libertà che si librino nel cielo; c'è bisogno di uomini che le afferrino, e le portino quaggiù".
Fonti utilizzate:
http://www.etika.com/022/22kers03.htm
http://www.grueneverdi.bz.it/mikrosites/riccardo-dello-sbarba/artikel-und-beitraege/chi-ringraziano-gli-schuetzen.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Sepp_Kerschbaumer
Sepp Kerschbaumer nacque nel 1913 a Frangart, oggi frazione di Eppan an der Weinstraße, il 9 novembre 1913.
Il padre Josef rimase ucciso in guerra nel 1917; la madre Luise lo lasciò orfano a nove anni.
Ricevette la sua educazione dapprima al Rainerum, l'istituto salesiano di Bozen, poi presso l'abbazia di Neustift ed infine, dopo aver assunto la gestione del negozio di famiglia, riuscì a concludere la scuola di preparazione alla professione di commerciante nel 1927 a Brixen. Nel 1933 prestò servizio militare per lo stato che occupa la penisola italiana, che lo ringraziò confinandolo l'anno successivo e per i due anni a seguire nei pressi di Potenza, insieme ad una cinquantina di altri sudtirolesi.
Un condono gli permise di tornare a Frangart nel 1935.
Nel 1936 si sposò con Maria Spitaler: dal matrimonio nacquero sei figli, l'ultimo dei quali nel 1957.
Quando le Südtiroler Umsiedlung misero i sudtirolesi davanti alla scelta tra la prospettiva dell'assimilazione forzata e l'emigrazione, Kerschbaumer scelse quest'ultima, come gran parte dei sudtirolesi di lingua tedesca. Come gran parte dei sudtirolesi di lingua tedesca, fece ritorno già durante la guerra, dopo aver compreso che dal Reich non c'era da aspettarsi grandi aiuti; i due anni dell'annessione tedesca del Südtirol li trascorse da richiamato nel Polizeiregiment Bozen.
La tendenza comune nella penisola italiana è a tutt'oggi quella di accomunare tout court a nazionalsocialisti gli attivisti ed i combattenti sudtirolesi; l'aver militato nella Wehrmacht, sia pure da richiamati tra anziani riservisti, è uno dei fatti portati comunemente a prova di questa conclusione. Come si vedrà la biografia di Kerschbaumer presenta numerosi dati di fatto, a cominciare dalla sua indiscussa professione di fede per finire al suo reciso rifiuto di spargere sangue, che non rendono la sua pratica politica compatibile con un'ideologia fondata sulla superiorità razziale e sull'eliminazione fisica di ogni avversario.
A Frangart si iscrisse nel dopoguerra alla Südtiroler Volkspartei (SVP) ed iniziò a darsi alla politica tanto attivamente da considerare questa attività secondaria soltanto al lavoro. Sembra che il poco tempo che gli rimaneva per la famiglia e la sua estrema generosità con quanti si trovavano in condizioni di bisogno siano a volte stati motivo di contrasti con la moglie.
Per tutta la vita Sepp Kerschbaumer si comportò da cattolico osservante. Ogni mattina alle cinque si recava ad una funzione religiosa a Bozen e durante la detenzione recitò spessissimo il rosario. Di abitudini spartane e severo anche con se stesso, trasformò la propria autodisciplina e la propria morigeratezza (non beveva alcool) in armi di lotta, quando cominciò a sostenere le proprie richieste politiche con lo sciopero della fame.
All'inizio degli anni '50, stanco delle posizioni concilianti assunte dal partito, Kerschbaumer iniziò dunque a concepire quello che sarebbe diventato il Befreiungsausschuss Südtirol (BAS), il Comitato per la Liberazione del Südtirol, di cui fu cofondatore nel 1956.
Nel 1957 Giuseppe Togni, all'epoca ministro dei lavori pubblici per lo stato che occupa la penisola italiana, avvertì per telegramma il borgomastro di Bozen che in città sarebbe sorto un nuovo quartiere da cinquemila persone.
La notizia fu accolta da imponenti manifestazioni popolari che culminarono in quella del 17 novembre 1957 a Schloss Sigmundskron cui parteciparono trentamila persone. In quell'occasione Silvius Magnago coniò lo slogan los von Trient, che sostituì un los von Rom allora in uso. In quell'occasione Kerschbaumer distribuì volantini che inneggiavano alla libertà del Südtirol; sempre a differenza di quanto correntemente ritenuto, in quegli anni il BAS identificava i propri nemici nelle istituzioni, e non nei sudditi dello stato che occupa la penisola italiana. A Bozen fu organizzata una contromanifestazione, durante la quale furono lanciati slogan che paragonavano i sudtirolesi ai maiali: passano i decenni ma lo stile della comunicazione politica "occidentalista" resta inconfondibile e riesce in ogni occasione a non smentire se stesso.
Le azioni del BAS furono dapprincipio del tutto incruente. Kerschbaumer appendeva drappi con il rosso ed il bianco della bandiera sudtirolese a piloni della luce ed altri arredi urbani: una volta fu sorpreso e punito con dieci giorni di carcere. Reagì con il primo sciopero della fame. Non era giusto che ai comunisti venisse permesso di esporre ovunque le loro bandiere, e che questo fosse vietato ai sudtirolesi.
Un'altra occasione in cui Sepp Kerschbaumer si adoperò molto per la causa fu quella del processo di Pfunderer, nel 1958; la notte di ferragosto del 1956 un gruppo di giovani sudtirolesi era venuto a diverbio con due gendarmi, ne era nata una rissa ed uno dei gendarmi era stato poi trovato morto nel letto di un torrente. Otto accusati ricevettero dapprincipio pene pesantissime in un procedimento talmente irto di vizi procedurali e di forma (ai sudtirolesi fu tra l'altro negato il permesso di servirsi di un interprete giurato) che nel 1960 fu la Repubblica Federale Austriaca a portare il caso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che dichiarò il ricorso parzialmente ricevibile; nell'ultimo grado del processo le pene per i condannati furono sensibilmente ridotte.
Le celebrazioni per Andreas Hofer del 1959 si tennero in un'atmosfera resa pesante dal divieto di manifestare. A Bozen avrebbe dovuto svolgersi l'inaugurazione di un monumento al combattente tirolese Peter Mayr, che dietro il duomo di Bozen era stato fucilato nel 1810. Un carosello delle jeep inviate dalla gendarmeria causò un ferito.
Tra il 1959 ed il 1960 Sepp Kerschbaumer giunse per gradi alla conclusione che i giri di conferenze e le azioni di propaganda avevano portato a risultati molto deludenti: la politica dello stato che oltre ad occupare la penisola italiana occupava anche il Südtirol non ne aveva subìto alcuna influenza. Lo spirito comunitario del BAS ed i contatti con ambienti austriaci resero possibile far arrivare in Südtirol dalle tre alle quattro tonnellate di esplosivo, ma con l'alzarsi del livello dello scontro si acuirono anche le tensioni interne al BAS e quelle con i simpatizzanti austriaci di recente acquisizione. Sepp Kerschbaumer, il suo rifiuto ad uccidere e la sua idea di una guerriglia fondata su atti dimostrativi entrarono in aperta collisione con quanti, come il tirolese austriaco Wolfgang Pfaundler, avevano idee ben più recise su come alzare il livello dello scontro. Almeno fino al suo arresto, avvenuto dopo la "notte dei fuochi" del 1961, fu comunque la linea di Kerschbaumer a prevalere.
E proprio secondo la linea di Kerschbaumer nel 1961 furono compiuti vari gesti dimostrativi, sui quali vigeva il tassativo ordine di evitare vittime. Il monumento al Genio del Fascismo di Waidbruck salta in aria, e fino all'estate altre azioni simili contro i simboli di quella che viene considerati a tutti gli effetti un'autorità di occupazione avvengono a Tramin, Schlanders e Marling. Il 1º febbraio una carica ad alto potenziale danneggia gravemente la casa di Ettore Tolomei a Montan; l'obiettivo simbolico è di particolare rilevanza perché Tolomei, scomparso nel 1952, era stato tra le altre cose l'ideatore della toponomastica attraverso la quale passava la divorante operazione di alienazione culturale inscenata dagli occupanti.
La gendarmeria risponde con perquisizioni e qualche arresto.
Con la Feuernacht del dodici giugno gli atti dimostrativi del BAS toccano il loro punto più alto, con la mobilitazione di decine e decine di attivisti. Più di trenta piloni dell'alta tensione vengono fatti saltare con il plastico nel tentativo di interrompere la fornitura di corrente elettrica alla città di Bozen, percepita come il centro di irradiazione delle politiche colonialiste dell'occupante, e soprattutto alla sua zona industriale.
La data non è casuale: quell'anno era la ricorrenza della festa, particolarmente sentita dai patrioti sudtirolesi, del Sacro Cuore di Gesù. Una ricorrenza che prevede l'accensione di fuochi veri e propri su crinali e vette, in ricordo di quanto fatto nel 1796 dai combattenti antinapoleonici di Hofer, che le autorità occupanti avevano vietato negli anni Trenta.
Il tentativo non riesce, complice anche la poca dimestichezza con il plastico della maggior parte di quella che era gente umile e per nulla intenzionata a spargere sangue; il morto finì per esserci comunque, nella persona dell'anziano cantoniere Giovanni Postal, che morì tentando di disinnescare uno degli ordigni.
Un mese dopo, nella Kleine Feuernacht saltano altri otto tralicci.
La gendarmeria mette le mani su un certo Steiner, nella cui automobile vengono trovati esplosivi, ed attraverso di lui arriva ad arrestare anche Kerschbaumer insieme a decine di altri attivisti.
Nella caserma di Eppan, Sepp Kerschbaumer trascorse sedici ore consecutive immobile con le mani alzate.
In carcere in attesa di processo, trascorreva la giornata pregando. Per i compagni Höfler e Gostner, morti in stato di detenzione in circostanze tutt'altro che chiare nel breve arco di due mesi (almeno Gostner gli avrebbe confidato di persona di pesanti maltrattamenti subiti) arrivò a recitare otto corone di rosario in una sola giornata.
I tre anni di detenzione preventiva li trascorse prima a Verona, poi a Venezia, poi ancora a Verona, lavorando fino al giorno in cui perse quattro dita di una mano sotto un torchio. Sopportò l'incidente con la fede che gli era propria.
Nella ricorrenza del Sacro Cuore del 1962 appese all'inferriata della propria cella un fazzoletto bianco ed uno rosso, cosa che il quotidiano "Alto Adige" non mancò di rimarcare.
Finalmente il processo fu fissato e celebrato a Milano a partire dall'estate del 1964, e riguardò oltre novanta imputati, sessantotto dei quali sudtirolesi. Kerschbaumer, cui vennero anche meno alcuni testimoni a difesa, ammise ogni addebito ed affermò di aver agito per motivi politici: "Wir wollten die Landesautonomie".
Nel luglio 1964 in primo grado otto imputati ricevettero condanne superiori ai quindici anni. Le motivazioni della sentenza furono pubblicate a novembre.
Sepp Kerschbaumer, per il quale ne erano stati chiesti ventiquattro per attentato alla Costituzione, cospirazione politica e distruzione di edifici, fu condannato a quindici anni ed undici mesi.
La sua vicenda processuale si chiuse qui. Il 7 o l'8 dicembre 1964 Sepp Kerschbaumer morì di attacco cardiaco nel carcere di Verona. Aveva cinquantun anni e la sua morte sollevò ovviamente più di un dubbio, anche perché in molte lettere aveva tentato di denunciare il durissimo trattamento riservato ai prigionieri sudtirolesi. L'autopsia eseguita da un medico sudtirolese confermò l'effettiva presenza di problemi cardiaci.
I suoi funerali furono seguiti a Frangart da migliaia di persone.
Con Sepp in stato di detenzione, e più che mai dopo la sua morte, il movimento che aveva contribuito a fondare smise di attaccare i simboli ed iniziò ad uccidere persone, adottando una pratica politica con cui secondo ogni evidenza Kerschbaumer non volle avere, in tutta la sua vita di militante, nulla a che fare.
Ancora quarant'anni dopo un annuncio pubblicato sul "Dolomiten" invitava i sudtirolesi ad una funzione religiosa in memoria di Kerschbaumer e dei caduti per la libertà e l'autodeterminazione del loro paese.
"Non è sufficiente avere una bandiera; c'è bisogno di uomini che se ne rivestano.
Non è sufficiente conoscere la verità: c'è bisogno di uomini che la proclamino.
Non bastano libertà che si librino nel cielo; c'è bisogno di uomini che le afferrino, e le portino quaggiù".
Fonti utilizzate:
http://www.etika.com/022/22kers03.htm
http://www.grueneverdi.bz.it/mikrosites/riccardo-dello-sbarba/artikel-und-beitraege/chi-ringraziano-gli-schuetzen.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Sepp_Kerschbaumer