Firenze, ottobre 2023.
Marco Carrai è un ben vestito che riveste varie cariche ben remunerate. Tra queste, quella di console onorario dello stato sionista.
Lo stato sionista non ospita solo haredim. Ospita anche un bel numero di fabbriche di armi e di apparati di sorveglianza, la cui esportazione rappresenta un cespite importante.
Ora, immaginiamo cosa può succedere a questo cespite se la customer satisfaction dell'endorser falls to its lowest point[*]. Vale a dire se le forze armate e di sicurezza dello stato sionista pur armate e rifornite di tutto punto si fanno sorprendere da un aggregato di straccioni. O meglio, da quello che viene postulato un aggregato di straccioni, che il 7 ottobre 2023 irrompe fuori dal ghetto di Gaza e imperversa per giorni nello stato sionista compiendo centinaia di omicidi efferati.
Tocca correre ai ripari, e alla svelta.
A Tel Aviv devono aver richiamato i rappresentanti dalle ferie e diramato direttive perentorie.
Di qui i toni del signor Carrai, che in un articoletto sul Corriere della Sera dell'11 ottobre annuncia una manifestazione di piazza a sostegno dello stato sionista e riesce senza alcuno sforzo a superare in intransigenza il segretario della comunità ebraica fiorentina Enrico Fink. Il titolo dell'articolo deplora il ricorso alle congiunzioni ipotetiche ed avversative, secondo una delle molte prassi del gazzettificio "occidentale" che le persone serie trovano giusto e piacevole deridere.
Enrico deve tenere insieme una comunità ferita ma che deve andare avanti, nel silenzio, nella solidità e solidarietà. Altra cosa è un'azione politica, perché non è possibile che all'ONU ci siano più condanne nei confronti dello stato sionista che di Hamas.
Le persone serie possono leggere tra le righe senza alcuna difficoltà, e riformulare in questo modo:
 Enrico sa benissimo che essere ebrei è una cosa, essere sionisti un'altra, e che la litigiosità delle comunità ebraiche ha aspetti prodigiosi per cui è bene non insistere con certi argomenti, tanto più che il sionismo a Firenze non è mai stato molto popolare nemmeno in via Farini. Io invece faccio il console per lo stato sionista, cioè per il pied-à-terre mediorientale dei "valori occidentali". Che non ammettono l'esistenza di alternative o di contraddittori nemmeno davanti all'evidenza, per cui faccio finta di non capacitarmi che la stessa impopolarità di cui il sionismo soffre a Firenze si ripresenti allo stesso modo, anzi, molto molto peggio, anche all'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Poi Marco Carrai si indigna per una questione serissima:

Sarebbe possibile un rave party a Gaza? O una sfilata del Gay Pride?

 C'è da dubitare che il ben vestito Carrai abbia mai partecipato a iniziative del genere; quando si è chiamati ad alti destini l'odore di popolo che promana dalle turbe in estasi rimane ostico anche a vent'anni. L'affermazione è comunque interessante perché ascrive la superiorità etica dello stato sionista e del suo sistema sociale e giuridico a iniziative che nei paesi "occidentali" vengono avallate solo se vengono giudicate sufficientemente remunerative. Nello stato che occupa la penisola italiana si è insediato un esecutivo che del contrasto ai rave party in particolare ha fatto un punto d'impegno, varando immediati provvedimenti restrittivi. Hamas ha impartito in questo settore un'autentica lezione di giridivite e tolleranzazzèro, strano che da Roma nessuno abbia espresso approvazione.

Qualche giorno fa Carrai si è fatto largo nell'ufficio del borgomastro e ha ottenuto che la bandiera dello stato sionista venisse appesa a un balcone di Palazzo Vecchio. I risultati non sono stati troppo incoraggianti.
Sono stato assaltato da migliaia di commenti, il migliore dei quali era l'augurio che ci penzolassi io a testa in giù da quel balcone.
Dal che si può concludere -nell'incredibile caso non lo si fosse già fatto- che le istanze "occidentaliste" hanno molto spazio sulle gazzette e negli ambienti dei ben vestiti che frequentano ristoranti a nota spese, ma molto meno tra le persone serie e nella società in generale, specialmente a Firenze.
Le bandiere della pace sono da oltre vent'anni quasi una costante delle amministrazioni toscane, ma il signor console onorario storce il naso:
Non è più il tempo dell'equidistanza, la terzietà non sta bene con la verità.
Persino Carrai è capace di esprimere concetti condivisibili: su questa affermazione è impossibile avere qualcosa da eccepire.
I cittadini toscani 
dovrebbero capire che la bandiera arcobaleno che espongono dalle finestre simboleggia l'alleanza tra Dio e gli uomini che è il concetto alla base dell'esistenza del popolo di Israele. 
Ovvero degli ebrei, meno della metà dei quali vive nello stato sionista. Dove molto meno della metà della popolazione ha votato per l'esecutivo più intransigente che lo stato sionista abbia mai avuto in oltre settant'anni. 
Lo stato sionista è nato come una impresa coloniale e si comporta come uno stato di apartheid. Che incontri gli stessi problemi e le stesse resistenze è motivo di sorpresa solo per i ben vestiti e per le gazzette su cui hanno visibilità. Gli stessi ben vestiti e le stesse gazzette che sprecano tempo -e ne fanno sprecare a chi le legge- ostentando indignazione per ogni episodio che attesta la distanza che esiste fra il mondo come è e il mondo come essi vorrebbero che fosse. 
Carrai statuisce la non ammissibilità della equidistanza, e anche in questo caso riteniamo che abbia ragione da vendere. Non proprio nel senso in cui confida, ma a questo mondo non si può avere sempre tutto.
Un evento di gravità e bestialità senza precedenti con vittime civili, giovani, anziani, bambini, ragazzi che festeggiavano la propria libertà a un concerto, massacrati, trucidati e presi in ostaggio da bande che ricordano le squadre della morte iraniane. Sono eventi che non possono più prevedere la divisione tra favorevoli e contrari, richiedono un'unanime condanna. Non possono più esistere i 'se' e i 'ma', ci sono valori che devono unire tutti. A iniziare dalla consapevolezza che in questo conflitto da una parte c'è la democrazia e dall'altra l'odio.
La gravità e la bestialità di quanto accaduto hanno tutti i precedenti che si vogliono. L'unico elemento relativamente inedito sta nel fatto che una formazione armata ha compiuto atti di guerra esponendosi di persona invece che inviando missili o droni comandati da qualche ufficio con l'aria condizionata o addirittura dal salotto di casa grazie alle tecnologie in cui lo stato sionista è (stato?) all'avanguardia. 
La Repubblica Islamica dell'Iran ovviamente non schiera "squadre della morte", ma l'occasione per inveire contro il nemico storico del committente non poteva certo andare sprecata. Gli "squadroni della morte" erano e per certi versi sono ancora oggi una presenza costante, invece, nei paesi dell'America del Sud con i cui governi gli USA e lo stato sionista hanno fatto ottimi e non sempre limpidissimi affari.
Le congiunzioni ipotetiche e avversative esistono, continueranno a esistere, e le persone serie continueranno a ricorrervi; sarà il caso che Marco Carrai interiorizzi questo elemento del reale: la forza del suo argomentare ne trarrà senza dubbio molti vantaggi. E nel conflitto in essere l'odio è generato dall'esistenza di una compagine statale fondata sulla segregazione, che ha come già detto una storia da impresa coloniale, e che è logico che dei paesi segregazionisti e delle imprese coloniali abbia anche i problemi incluso quello della resistenza armata. Nel solo 2023 le forze armate e di "sicurezza" dello stato sionista hanno provocato una quarantina di vittime più o meno collaterali fra i palestinesi minorenni senza che nessuno infarcisse le gazzette con le proprie reazioni scomposte.
È chiaro che è ancora forte il pregiudizio storico che non nasce oggi ma da migliaia di anni, contro il popolo ebraico, fatto di film, vignette, luoghi comuni che da sempre descrivono gli ebrei come usurai, affamatori dei popoli, potenti che governano il mondo in modo prevaricatorio, ed è su questi pregiudizi che si sono formate le persecuzioni nel corso dei secoli. Pregiudizi che nell'era dei social, dove diventa vero ciò che è virale, vengono ancor più alimentati. 
I cosiddetti "social" altro non sono che demenziali autoschedature di massa. Inoltre sono occhiutamente sorvegliate anche e soprattutto grazie agli strumenti informatici di cui lo stato sionista è da decenni ottimo esportatore. La vulgata antisemita vi ha poco o punto spazio. Chi non ha alcuna stima per lo stato sionista non ha né il bisogno né la voglia di ricorrere a roba del genere per sostenere le proprie opinioni.
Marco Carrai chiede ai fiorentini e ai toscani 
di studiare la storia e di dimostrare solidarietà allo stato sionista a tutti i livelli, cercando di capire perché un popolo che ha alla sua base l'alleanza tra Dio e gli uomini riceva tanto odio. Parliamo di valori che in nessun modo possono comprendere la brutalità degli assassini di Hamas.
Carrai ricorre all'equivalenza tra ebrei e stato sionista, che proprio chi ha studiato un po' di storia non trova nemmeno degna di confutazione. Anche perché lo studio della storia rivelerebbe dettagli non proprio edificanti sull'operato del sionismo in Palestina, che ha contemplato attacchi a sedi delle amministrazioni civili come il King David Hotel, stragi di civili come a Deir Yassin e l'assassinio di mediatori dell'ONU come Folke Bernadotte
Chi difende lo stato sionista non può ascrivergli alcuna superiorità etica. 
E il testo biblico che racconta dell'alleanza fra Dio e gli uomini gronda pagine (ad esempio Deuteronomio 20, 10-15) in cui si prescrive spietatezza nei confronti del nemico.




[*]Non ci sarebbe nessun bisogno di ricorrere all'inglese, che viene qui usato con tono derisorio.